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10 dicembre, Giornata internazionale dei diritti umani

di Valeria Pilone

 I diritti degli uomini devono essere di tutti gli uomini, proprio di tutti, sennò chiamateli privilegi (Gino Strada)

 La Giornata internazionale dei diritti umani si celebra in tutto il mondo il 10 dicembre di ogni anno. La data ricorda la proclamazione della Dichiarazione universale dei diritti umani, adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948 a Parigi con la risoluzione 219077A.

Il testo della Dichiarazione è frutto di un lungo cammino che il riconoscimento dei diritti umani ha percorso e, tutt’oggi, percorre. Perché dopo 73 anni tutte le parole meravigliose contenute nel testo di questa Carta hanno ancora bisogno di essere fortemente difese, onorate, ripetute come una preghiera, diffuse, insegnate.

Il linguaggio di questo documento è incredibilmente corretto ed equilibrato nei confronti di tutti e tutte: si parla di popoli ed esseri umani, ogni articolo fa riferimento agli individui senza differenza di genere, religione, opinione politica, lingua, nascita, nell’articolo 16 si fa esplicita menzione a uomini e donne. Tale apertura e sensibilità è stata possibile grazie all’intervento di una donna, attivista, scrittrice ed educatrice indiana, ovvero Hansa Mehta, che lavora in Commissione affinché la frase «tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali», derivante dalla Dichiarazione francese del 1789, venga inserita nel documento delle Nazioni Unite, un’affermazione di uguaglianza e libertà che si rivelerà rivoluzionaria per i diritti delle donne e delle minoranze.

Hansa Jivraj Mehta (da artsandculture.google.com)

Mehta porta a sostegno della sua richiesta la tesi secondo cui alcuni Paesi avrebbero potuto utilizzare la formulazione tutti gli uomini per limitare i diritti delle donne e si batte affinché la Dichiarazione riprenda l’uso della locuzione maggiormente onnicomprensiva di esseri umani.

Quando l’Assemblea delle Nazioni Unite approvò il testo, si era all’indomani dell’immane tragedia della seconda guerra mondiale: ogni diritto era stato violato, negato, estirpato, il mondo aveva assistito agli orrori della Shoah, della guerra con le sue conseguenze di sangue, morte e violenza, alla crisi delle coscienze di fronte ad ogni abuso e soppressione della dignità degli esseri umani.

Era già stata promulgata un anno prima una Carta contenente parole e concetti meravigliosi, bellissimi, che ponevano al centro dell’ordinamento di un intero Stato le libertà e i diritti inviolabili degli esseri umani: la Costituzione della Repubblica Italiana, approvata dall’Assemblea Costituente il 22 dicembre 1947, la “più bella del mondo”.

Il percorso che ha portato alla Dichiarazione Universale dei diritti è stato lungo: dalla Bill of Rights stilata dal Parlamento inglese nel 1689, alla Dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti d’America nel 1776 all’importante Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino elaborata nel 1789 durante la Rivoluzione francese, i cui principi fondamentali sono stati inglobati in larga misura nella Dichiarazione delle Nazioni Unite.

Accanto a Hansa Mehta c’è un’altra grande donna protagonista della Dichiarazione Universale dei Diritti: è Eleanor Roosevelt, moglie del presidente Franklin Delano Roosevelt, impegnata attivamente nella tutela dei diritti civili. È lei che presiede la Commissione per la stesura e approvazione della Dichiarazione universale dei diritti, mostrando orgogliosa un poster del documento in una fotografia del 1949. È lei che con intelligenza e lungimiranza si oppone fermamente al maccartismo, definendolo «un’ondata di fascismo».

Eleanor Roosevelt (tratto da, it.m.wikipedia.org)

Oggi che l’umanità ha compiuto passi da gigante in termini di progresso scientifico, tecnologico, medico (spesso dimenticando, però, quei giganti sulle cui spalle ha potuto vedere al di là dell’orizzonte), oggi che possediamo strumenti potentissimi di comunicazione e diffusione delle idee, oggi che siamo nel pieno del processo di globalizzazione  a livello planetario, noi tutti, uomini e donne, non possiamo in alcun modo abbassare la guardia di fronte alla necessità di continuare a difendere i più basilari e universali diritti umani, sociali, civili, politici, di ogni sorta, di fronte all’urgenza di non considerare puramente retorica questa opera di difesa.

I fatti della storia ancora purtroppo contemporanei ci confermano che si tratta di una questione di vita o morte: i conflitti in corso in tutto il pianeta, le emergenze umanitarie ad essi collegate, i rigurgiti sempre più violenti e, in certi casi, anche subdoli di antisemitismo e nazionalsocialismo, le violenze e gli abusi di ogni tipo perpetrati ai danni di bambini e bambine, di donne, di persone deboli e indifese, le conseguenze disastrose dei cambiamenti climatici e del riscaldamento globale sull’intero ecosistema del nostro pianeta, tutte le forme esistenti di discriminazione: è un bollettino atroce di una guerra che non è finita e che non è frutto di propagande e illazioni.

Repressione del dissenso, pena di morte, attacchi ai difensori, alle difensore dei diritti umani e ai giornalisti, conflitti armati, violenze, torture e impunità, pulizia etnica, odio, stupro, ma anche hate speech e fake news: è la fotografia del nostro tempo nel Rapporto Amnesty International 2020-2021.

Ma la speranza alberga nei cuori delle donne e degli uomini che non si arrendono, che non vogliono concedere l’ultima parola alla morte, che credono nella vita e nella sua dignità di essere vissuta in ogni angolo della terra e da ogni creatura che abita questo mondo, che non avranno pace fino a quando non verrà realizzato l’unico vero e utile processo di globalizzazione che conta: quello dei diritti umani.

Non è sogno, non è titanica impresa di solitari eroi ed eroine, ma è scelta di azioni che nel quotidiano facciano la differenza, che si oppongano fermamente con ogni strumento a qualsiasi tipo di discriminazione, di illegalità, di violenza, di sopruso, di sopraffazione del debole, è volontà di seminare antidoti al male attraverso l’educazione e l’istruzione, fucine di speranza in un mondo migliore per noi e per le generazioni che verranno.

Ce lo ha ricordato Eleanor Roosevelt in un suo pubblico discorso del 27 marzo 1958 con parole che dobbiamo fare nostre: «Dove iniziano i diritti umani universali? In piccoli posti vicino casa, così vicini e così piccoli che essi non possono essere visti su nessuna mappa del mondo. Ma essi sono il mondo di ogni singola persona; il quartiere dove si vive, la scuola frequentata, la fabbrica, fattoria o ufficio dove si lavora. Questi sono i posti in cui ogni uomo, donna o bambino cerca uguale giustizia, uguali opportunità, uguale dignità senza discriminazioni».

In apertura, immagine tratta da Avanti!

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