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2 Giugno. Discorso ai giovani per la consegna della Costituzione (parte seconda)

di Sara Marsico

 L’articolo che segue è il testo letto dall’autrice in occasione della consegna, da parte del Comune, della copia della Costituzione alle diciottenni e ai diciottenni in occasione del 2 giugno. La cerimonia è avvenuta nel cortile d’Onore del castello mediceo

 In effetti c’è stato bisogno di moltissime leggi per affermare la parità che, a dispetto di quanto si sente dire in giro, non è ancora pienamente raggiunta, soprattutto nel campo lavorativo. Ricordiamo che a dicembre, causa pandemia, su 101mila posti di lavoro persi, 99mila erano di donne, sottopagate, non garantite, spesso costrette a rapporti di lavoro precari, in nome di una globalizzazione che è stato per molti anni un comodo alibi delle imprese per non riconoscere i diritti sanciti dalla Costituzione e dallo Statuto dei lavoratori.

La parità salariale tra uomini e donne è raggiunta solo nella sfera degli impieghi pubblici, mentre nel privato è ancora una chimera, soprattutto nelle posizioni apicali. Per non parlare del mobbing e delle molestie sul lavoro, del sessismo sui social, anche nei confronti di donne che ricoprono incarichi pubblici.

Come affermava ancora Teresa Mattei: «Non dimentichiamo che secoli e secoli di arretratezza, di oscurantismo, di superstizione, di tradizione reazionaria, pesano sulle spalle delle lavoratrici italiane; se la Repubblica vuole che più agevolmente queste donne collaborino alla costruzione di una società nuova e giusta, è suo compito far sì che tutti gli ostacoli siano rimossi dal loro cammino e che esse trovino al massimo facilitata e aperta almeno la via solenne del diritto perché molto ancora avranno da lottare per rimuovere e superare gli ostacoli creati dal costume, dalla tradizione, dalla mentalità corrente del nostro Paese».

Proprio questa mentalità aveva consentito la legge che ammetteva il licenziamento della donna a causa di matrimonio e fino quasi ai nostri giorni il fenomeno delle dimissioni in bianco, solo recentemente arginato da un sistema che però non ne consente del tutto la scomparsa.

Le leggi a favore delle donne sono state tante in questi anni, alcune anche molto favorevoli, come quelle sulla maternità. Oggi spesso in Italia le donne devono scegliere se essere madri o proseguire nella carriera lavorativa e dopo il primo figlio sono indotte a licenziarsi.

Questo intendevano le nostre Costituenti quando nell’articolo 37 scrivevano «Le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della sua essenziale funzione familiare…».

Il carico di lavoro all’interno della famiglia è da sempre sbilanciato a scapito della donna e il lavoro di cura prestato dalle donne agli anziani, ai bambini, ai malati è una parte importante della ricchezza nazionale, ma non è inserito nel Pil. Se fosse assicurato da un sistema di Welfare pubblico entrerebbe a pieno titolo nel calcolo della ricchezza nazionale.

Chiudo ricordando l’ultimo articolo al quale le Costituenti diedero un contributo fondamentale: l’articolo 51, secondo cui «Tutti i cittadini dell’uno e dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge».

Queste parole non sono bastate, se una modifica della Costituzione ha dovuto inserire con legge costituzionale anche queste altre parole: «A tal fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini».

Questo era scritto nella nostra Costituzione e questo avevano fortemente voluto le donne, che le cariche e gli uffici pubblici fossero ricoperti da chi se li meritava, in base alle proprie competenze, possibilmente per concorso. Ma ci fu un’opposizione trasversale degli uomini dei diversi partiti a questa richiesta, per quanto riguardava l’accesso delle donne alla Magistratura, che fu consentito solo a partire dal 1963.

Per capire di che cosa stiamo parlando citerò le parole di un Padre Costituente, Giovanni Leone, notissimo penalista napoletano, che sarebbe diventato Presidente della Repubblica: «Ma alle più alte Magistrature, dove occorre resistere e reagire all’eccesso di apporti sentimentali, dove occorre invece distillare il massimo di tecnicità, penso che la donna non debba essere ammessa; perché solo gli uomini possono avere quel grado di equilibrio e di preparazione necessaria per tale funzione».

A questo proposito mi piace citare una donna, Rosanna Oliva de Conciliis, a cui recentemente il Presidente della Repubblica ha conferito l’onorificenza di Cavaliere di Gran Croce, che, laureata in scienze politiche e sociali, voleva intraprendere la carriera di Prefetta, dopo avere studiato nella Costituzione quello che prevedeva l’articolo 51. Con suo grande stupore scoprì che il bando per diventare prefetto era riservato ai soli uomini. Presentò nel corso di un processo un ricorso alla Corte Costituzionale, patrocinato dal suo professore, il Costituente Costantino Mortati, e lo vinse.

Da allora, dal 1963, l’accesso agli uffici pubblici è davvero libero a uomini e donne e da molti anni le magistrate sono in numero sempre maggiore, perché in maggioranza vincono i concorsi.

Ricordiamo altri nomi: Maria Maddalena Rossi, Rita Montagnana, Ottava Penna Buscemi, Anna Maria Guidi, Filomena Delli Castelli.

Quello che vorrei dire, in conclusione, è che la Costituzione, progetto di società mite, gentile ed inclusiva, non solo va studiata ma deve essere fatta applicare, ogniqualvolta le leggi si dimenticano di attuarla.

Solo conoscendola si può agire per attuarla. E oggi Rosanna Oliva di Conciliis è impegnata in un’altra battaglia: quella del cognome materno. La Corte Costituzionale ha affermato che la scelta del cognome paterno non si concilia con il principio di uguaglianza dei coniugi all’interno del matrimonio e ha invitato il Parlamento a provvedere.

Non è una questione secondaria, la cancellazione di quella tra i genitori che, anche per una questione biologica nutre e cresce il figlio fino al momento della nascita: questa cancellazione contribuisce alla sua invisibilità e l’invisibilità delle donne è la più subdola delle violenze perpetrate nei loro confronti.

Oggi, parafrasando quello che dicevano le suffragiste radicali statunitensi, riprendo una parte del film Angeli dalle mascelle di ferro, che ne racconta la storia. In una scena del film il medico che interroga Alice Paul, suffragista ingiustamente incarcerata perché davanti alla Casa Bianca esponeva striscioni per il diritto di voto alle donne e che praticava il digiuno per protesta e per questo era alimentata a forza in modi disumani, per far capire che cosa sia davvero la parità di genere, non solo nell’accesso al voto, come nel film,  che è solo il punto di partenza di una vera cittadinanza, dirò così: Tu vuoi rendere visibile da chi discende tuo figlio dandogli il tuo cognome? Anch’io. Tu vuoi essere pagato in base alla qualità e quantità del tuo lavoro? Anch’io. Tu vuoi essere ricordato per il contributo che hai dato alla società? Anch’io. Tu vuoi dedicarti a una professione scientifica? Anch’io. Tu vuoi essere chiamato con il titolo di studio che hai acquisito? Anch’io.

Cominciate a leggere questo bellissimo sogno di parità, a conoscerlo e a capirne lo spirito. Ricordate che il Movimento delle donne è stato il più grande movimento per il cambiamento del Novecento. Ed è stato un movimento pacifico.  Poi diffondetelo e agite per darvi piena attuazione. Diventate attiviste e attivisti della Costituzione. É questo il viatico per un mondo migliore, pensato, progettato e costruito dagli uomini e dalle donne, per gli uomini e per le donne.

In apertura, la cerimonia del 2 giugno in occasione della consegna alle diciottenni e ai diciottenni della copia della Costituzione; da sinistra Giorgio Bertazzini, Sara Marsico e Rodolfo Bertoli

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