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2 giugno. La Costituzione e il tempo dei bilanci

di Giorgio Bertazzini

L’articolo che segue è il testo letto dall’autore in occasione della consegna, da parte del Comune, della copia della Costituzione alle diciottenni e ai diciottenni in occasione del 2 giugno. La cerimonia è avvenuta nel cortile d’Onore del castello mediceo

Ho scelto, per questa occasione, di proporvi come paradigma il Tempo, suggerendovi un breve percorso nella relatività del Tempo che scorre, lento o veloce e che può, non casualmente, accelerare o bloccarsi.

Perché il Tempo come filo conduttore? Perché è forse Tempo di bilanci: per capire, a 75 anni dal 2 giugno 1946, l’effettività della nostra Costituzione nel Paese reale; in altre parole per comprendere la necessità di difenderla, custodirla e attuarla, anche con le nostre scelte quotidiane e di vita.

Il Tempo, dunque: poco più di un anno di intenso lavoro impiegò l’Assemblea costituente, eletta il 2 giugno, a scrivere la Costituzione. Un Tempo brevissimo se pensiamo al dibattito serio e approfondito, e soprattutto se siamo consapevoli che non si trattava di scrivere una leggina qualsiasi, ma la Carta fondamentale di un Paese che voleva riscattarsi dalla dittatura fascista stabilendo valori, principi e regole che preservassero, nel Tempo, la riconquistata democrazia.

Il Tempo, ancora: la Corte costituzionale è “nata” con la Costituzione, nel 1948, ma ha cominciato a funzionare solo nel 1956! Un Tempo intollerabilmente lungo. E Piero Calamandrei, uno fra i più autorevoli Padri costituenti, era “molto arrabbiato” nel 1955, anche per questo insopportabile ritardo che rendeva più difficoltoso sbarazzarsi di leggi palesemente incostituzionali.

Nel famoso discorso sulla Costituzione che tenne a Milano a studenti universitari e delle superiori, Calamandrei utilizzò un’immagine efficacissima: “Però vedete, la Costituzione non è una macchina che una volta messa in moto va avanti da sé. La Costituzione è un pezzo di carta, la lascio cadere e non si muove. Perché si muova bisogna ogni giorno rimetterci dentro il combustibile. Bisogna metterci dentro l’impegno, lo spirito, la volontà di mantenere queste promesse, la propria responsabilità”.

Ecco il messaggio: impegnarsi e assumersi la propria responsabilità, anche nelle aule dei tribunali, in processi che potessero investire la Consulta sull’incostituzionalità di leggi o parti di esse.

Quanto Tempo… Un esempio, fra i tanti. Solo nel 1968 la Corte poté dichiarare incostituzionali i reati di adulterio e concubinato: la donna per il reato di adulterio era punita con una pena maggiore rispetto al marito che stabilmente aveva una concubina! Il Tempo, sostanzialmente sospeso sino alla metà degli anni ’60, conobbe una salutare accelerazione che garantì l’approvazione di una serie di riforme “rivoluzionarie”, proprio perché modificarono radicalmente molteplici normative in attuazione di fondanti principi costituzionali.

Per rendere più chiaro il ragionamento propongo alcuni passaggi di un importante intervento: “Nelle vittime di Piazza Fontana trova radice l’interrogarsi del Paese sulla propria natura e sul suo destino. Quella stagione fu specchio dell’anima, della sofferenza del nostro popolo, chiamato a rafforzare una fedeltà laica e civile ai valori della Costituzione: il patto di cittadinanza – basato su principi fondativi, ideali civili, storia plurale ma comune – lasciatoci in eredità dalla Lotta di Liberazione. Una fedeltà chiesta anzitutto ai servitori dello Stato…

L’attività depistatoria di una parte di strutture dello Stato è stata, quindi, doppiamente colpevole. Un cinico disegno, nutrito di collegamenti internazionali a reti eversive, mirante a destabilizzare la giovane democrazia italiana, a vent’anni dall’entrata in vigore della sua Costituzione. Disegno che venne sconfitto.

Furono anni in cui la consapevolezza delle forze democratiche di dover battere la strategia eversiva portò all’allargamento degli spazi di partecipazione nella vita del Paese; con un crescente ruolo dei sindacati nella proposta e nel raggiungimento di obiettivi di eguaglianza e crescita; con un nuovo peso alla condizione giovanile, espressosi anche a mezzo delle lotte studentesche per la riforma delle Università.

A quella primavera, all’autunno caldo del rinnovo dei contratti di lavoro, si volle opporre un dicembre di sangue.

Lo sottolineò il Presidente Saragat, nel suo messaggio del 31 dicembre 1969, segnalando come la violenza subita fosse “agli antipodi di quella forma di generosa ribellione che anima la gioventù contro ogni ingiustizia e che oggi si chiama contestazione, ma che sotto nomi diversi è sempre esistita”.

Forze sociali, Parlamento, Governo, seppero reagire, dando vita a una intensa fase di riforme sociali, economiche, civili, nella vita del Paese. Dalla legge sullo Statuto dei Lavoratori ai provvedimenti per istituire le Regioni ordinarie, nel maggio 1970.

Ancora. La legge per la tutela delle lavoratrici madri, il riconoscimento dell’obiezione di coscienza, gli organi democratici nella scuola, la maggiore età a 18 anni, il nuovo diritto di famiglia; in un disegno ampio di coesione e di inclusione sociale”.

L’autore dell’intervento appena citato è il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, scritto in occasione del 50° anniversario della strage di Piazza Fontana (Milano, Palazzo Marino, 12 dicembre 2019).

Possiamo ricordarne altre, approvate in quel decennio per colmare un ritardo colpevole nell’attuazione della nostra Costituzione: la legge sul divorzio, confermata nel 1974 dal primo referendum abrogativo della storia d’Italia; la riforma carceraria del 1975; la legge istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale, quella che abolì i manicomi e quella sull’interruzione volontaria di gravidanza nel’78.

Un decennio dunque in cui si cercò di recuperare il Tempo perduto nei primi vent’anni della nostra giovane democrazia costituzionale.

La professoressa Sara Marsico ci ha parlato delle donne elette nell’ Assemblea costituente,

Anch’io per concludere voglio ricordare una donna, Franca Viola, protagonista di una vicenda umana e giudiziaria che a pieno titolo è parte della storia del nostro Paese. Anche qui il Tempo, emblematicamente, è stato co-protagonista.

Nel 1966 Franca, diciassettenne, è violentata dal figlio di un boss mafioso che pretende il “matrimonio riparatore”. Franca si oppone al matrimonio e denuncia lo stupro. Il processo si conclude nel 1967 con la condanna dell’uomo.

Per capire l’importanza della scelta di Viola bisogna ricordare che fino al 1981 nel codice penale italiano c’era un articolo che, con riferimento al reato di stupro – allora e fino al 1996 considerato un “delitto contro la moralità pubblica e il buon costume” e non contro la persona – diceva, in pratica, che una persona colpevole di stupro poteva evitare di andare in prigione se sposava la persona che aveva stuprato (il reato era estinto: in buona sostanza non era successo niente).

Bisognerà aspettare ancora 14 anni, il 1981 (un Tempo infinito). perché il matrimonio riparatore venga cancellato da una legge (insieme al delitto d’onore).

Anche il Tempo del mio intervento è concluso.

Vi consegno allora questo semplice e profondo pensiero di Franca Viola.

«Non fu un gesto coraggioso. Ho fatto solo quello che mi sentivo di fare, come farebbe oggi una qualsiasi donna: ho ascoltato il mio cuore, il resto è venuto da sé. Oggi consiglio ai giovani di seguire i loro sentimenti; non è difficile. Io l’ho fatto in una Sicilia molto diversa; loro possono farlo guardando semplicemente nei loro cuori».

In apertura, la cerimonia della consegna di copie della Costituzione alle diciottenni e ai diciottenni nel cortile d’Onore del castello. Da sinistra, Giorgio Bertazzini, la professoressa Sara Marsico e il sindaco Rodolfo Bertoli

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