E quando se n’ha da tagliare, il custode procuri d’esser presente, acciocché
siano tagliati in que’ luoghi, et quegl’ abeti, che manco diminuiscono la selva,
et manco le tolgano della sua bellezza et vaghezza
da La Regola della vita eremitica
scritta da Paolo Giustiniani nel 1520
comunemente conosciuta come il Codice forestale
“La sopravvivenza di una città non dipende dalla rettitudine degli uomini che vi risiedono, ma dai boschi e dalle paludi che la circondano”. Così scriveva Henry David Thoreau.
Evidentemente un’iperbole che anticipava sensibilità e consapevolezze oggi sempre più diffuse sul contributo di boschi e foreste alla qualità della vita delle città e alla stabilità dei territori, alla sicurezza delle comunità, alla bellezza dei paesaggi e alla conservazione della biodiversità.
E alla sostenibilità, grazie al ruolo sempre più rilevante che il legno assumerà nella circolarità e decarbonizzazione dei processi produttivi.
L’Italia è oggi con 11,4 milioni di ettari e il 38% della sua superficie territoriale, il secondo tra i grandi Paesi europei per copertura forestale.
Ogni anno le foreste italiane sottraggono dall’atmosfera circa 46,2 milioni di tonnellate di anidride carbonica, che si traducono in 12,6 milioni di tonnellate di carbonio accumulato.
Il carbonio organico accumulato nelle foreste italiane è pari a 1,24 miliardi di tonnellate, corrispondenti a 4,5 miliardi di tonnellate di anidride carbonica.
E in città le piante possono ridurre le temperature e rimuovere ozono e polveri sottili, queste ultime in gran parte responsabili delle 60mila morti premature che ogni anno avvengono in Italia a causa dell’inquinamento atmosferico.
Un contributo dei boschi e delle foreste italiane alla sostenibilità, alla sicurezza e alla bellezza destinato a crescere con la piantumazione nei prossimi 10 anni di più di 200 milioni di alberi come contributo nazionale alla “Strategia europea per la biodiversità 2030”, che prevede di piantare 3 miliardi di alberi nei paesi dell’Unione.
E con il diffondersi di pratiche di gestione forestale sostenibile sarà possibile assicurare un ulteriore contributo alla salute dei nostri boschi, delle nostre città e dei nostri territori, oltre a ridurre la dipendenza delle nostre imprese dell’arredo-legno e delle costruzioni dalle importazioni dall’estero.
Per questo sarà importante che il Piano nazionale di ripresa e resilienza italiano individui nei boschi e nelle foreste uno degli assi strategici della transizione ecologica, per la quale la Commissione europea ha messo a disposizione la quota maggiore delle risorse disponibili – ben il 37% – del Next Generation Ue; imprimendo così una decisiva accelerazione al progetto del Green Deal, ribadendone e rafforzandone la centralità per fare dell’Europa il primo continente a impatto climatico zero.
Come ha ricordato Ursula von der Leyen è questo un obiettivo che richiede ben più che una semplice riduzione delle emissioni o rendere più circolare il nostro modo di produrre. Richiede di dar vita ad un’economia a misura d’uomo.
Italia seconda in Europa per copertura forestale
Con “Boschi e Foreste nel Next Generation EU”, Symbola ha analizzato dati e segnali per dimostrare che una gestione forestale sostenibile rappresenti uno dei punti di forza del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.
In poco meno di 30 anni la superficie boschiva italiana ha registrato una crescita del 20%, passando da 9 milioni di ettari del 1990 agli attuali 11,4 milioni (1). Con il 38% della superficie nazionale coperta da boschi l’Italia è al secondo posto tra i grandi Paesi europei per copertura forestale dopo la Spagna 55,4% e davanti a Germania 32,8%, Francia 32,1% e Gran Bretagna 13,1% (media Ue 33%). Inoltre, nel periodo 1990-2015 l’Italia ha registrato crescita annuale media di superficie forestale dello 0,8%, seconda a quella della Spagna (1,2%), davanti a Francia (0,7%), Gran Bretagna (0,5%) e Germania (0,04%), media Ue (0,4%). Più del 32% (2) delle foreste italiane sono custodite da aree protette a fronte di una media europea del 24% (3).
(1) IUTI, Inventario dell’Uso delle Terre in Italia, aggiornamento 2017;
(2) “Forests and forest-wood system in Italy: towards a new strategy to address local and global challenges” Marco Marchetti, Renzo Motta, Davide Pettenella, Lorenzo Sallustio, Giorgio Vacchiano. Forest@ – Journal of Silviculture and Forest Ecology, Volume 15, Pages 41-50 (2018);
(3)https://foresteurope.org/wpcontent/uploads/2016/08/Summary_for_Policy_Makers_2020_web.pdf
Il Rapporto è tratto da Symbola https://www.symbola.net/ricerca/report-boschi-foreste/
Immagine di apertura, tratta da IlSole24Ore.it
Attenzione a dire “L’Italia è ricca di foreste”: è un leit motiv utilizzato dalla filiera del legno, e prevalentemente dai portatori di interessi economici, per poter aumentare il prelievo di una materia prima che attualmente ha visto schizzare i prezzi alle stelle. ll legname fa soldi, sia bruciato che abbattuto, e gli alberi in generale, foreste comprese, non se la sono mai vista tanto brutta. La lobby dei taglialegna potrebbe ricorrere all’arboricoltura, ma ha troppa fretta e soprattutto è troppo avida per aspettare i tempi degli alberi: meglio aumentare legalmente il prelievo di alberi già esistenti. La favola delle foreste italiane che non sono mai state tanto bene serve a fornire ai portatori di interessi economici il pretesto e la legalità per proseguire il business as usual. E chissenefrega se le foreste sono sempre più minacciate da eventi climatici estremi, gli incendi in primis ma non solo (Vaia docet!) e se sarà sempre peggio…
L’unica “gestione forestale sostenibile” è quella di lasciare in pace boschi e foreste, cui la mano dell’uomo ha sempre fatto più male che bene; le foreste più belle e sane sono quelle dove gli uomini non possono entrare, e sono quelle di cui attualmente abbiamo bisogno per non soccombere alla crisi climatica.
“L’Italia è ricca di foreste”: posto che sia vero, in tutto il resto del mondo le foreste scompaiono a una velocità impressionante, e non mi risulta che l’Italia si trovi su un altro pianeta. Inoltre recenti studi effettuati con tecniche sofisticate smentiscono questa presunta ricchezza delle foreste italiane, che riguarda forse l’estensione, ma non la complessiva massa legnosa, che sebbene in media sia aumentata è ancora di gran lunga inferiore rispetto a quella di altri paesi europei. Non si devono considerare gli aumenti e basta, bisogna comparare, e l’Italia, per citare autorevoli studi di forestali degni di questo nome, è ricca di boschi poveri. Per lo più i boschi guadagnano aree abbandonate dai coltivi in montagna, ma ci vogliono secoli per creare una foresta degna di questo nome.
Le foreste italiane sono minacciate anche dagli incentivi europei sulle centrali a biomassa (= legna da ardere), che hanno attirato da subito l’attenzione della criminalità organizzata. E in tempi di crisi energetica il pericolo è più grave che mai.
Infine due parole sui 200 milioni di alberi. Anzi un solo concetto: i tempi degli alberi non sono i tempi dell’uomo, è per questo che la conservazione degli alberi esistenti è tanto importante, ed è invece così poco rilevante, soprattutto di questi tempi, piantare alberelli. Fa tanto bene a chi li pianta, fa passare tante belle giornate in compagnia, ma mediamente solo un terzo degli alberelli nuovi sopravvive. Ricordo all’autore di questo articolo che sono più di 100 giorni che non piove, e le cose non andranno di sicuro a migliorare. Qualcuno ha già pensato chi annaffierà e si prenderà cura dei presunti 200 milioni di alberi per il tempo (che non abbiamo) necessario a farli diventare significativi in termini ecosistemici?
La civiltà si lascia dietro il deserto, la Storia – quella seria – lo ha dimostrato infinite volte.
In quanto agli studi citati, non ho tempo di ribattere colpo su colpo, se no scriverei un articolo e non un commento. Ma una me la permetto:
https://www.nature.com/articles/s41586-020-2438-y
E’ un caso che l’immagine iniziale sia presa dal Sole 24 ore? Meditate, gente, meditate…