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Città metropolitana di Milano, una riflessione senza sconti

di Pietro Mezzi

Mentre siamo online, si sta ancora votando per l’elezione del sindaco di Milano, che per legge diventerà sindaco della città metropolitana. La riflessione riguarda il funzionamento dell’ente metropolitano negli ultimi cinque anni. In coda ci sono anche proposte per superare l’attuale situazione di stallo dell’ente, in attesa di un’auspicata riforma della legge Delrio del 2014.

Mercoledì scorso si svolta l’ultima seduta del Consiglio metropolitano di Milano.

Per me si è conclusa una esperienza istituzionale che giudico negativamente. Un’esperienza iniziata con le migliori intenzioni e aspettative, prima con Giuliano Pisapia (2015-2016), poi con Beppe Sala (2016-2021), che ho maturato come consigliere semplice con il primo, come consigliere delegato con il secondo, assumendo deleghe importanti all’Ambiente e al Territorio.

Non si è trattato, per me, della prima esperienza amministrativa maturata a Palazzo Isimbardi (sede in passato della Provincia e oggi della Città metropolitana; nda): in precedenza, nella vecchia Provincia, ho ricoperto i ruoli prima di consigliere e poi di assessore.

Credo quindi di conoscere l’ente abbastanza bene e quindi sento di poter esprimere giudizi con cognizione di causa.

Perché un’esperienza negativa? Per diversi motivi.

Il primo dipende dal fatto che le città metropolitane nascono da una legge (la Delrio del 2014), tanto attesa e finalmente arrivata, ma profondamente sbagliata, che ha sottratto agli elettori la possibilità di scegliere sindaco e consiglio metropolitano, introducendo l’elezione indiretta, di secondo livello. Una sottrazione che ha impoverito la stessa istituzione, sempre più lontana dagli elettori e dai problemi dei loro territori.

Abbiamo poi capito – cosa facilmente immaginabile da subito – che il doppio incarico di sindaco (del capoluogo e metropolitano), alla prova dei fatti, non regge. Così come non regge la doppia carica di sindaco o sindaca di un Comune e quella di consigliere metropolitano, tanto più con deleghe (il ruolo di consigliere delegato coincide con quello del vecchio assessore provinciale; nda): il tempo che un sindaco di un Comune può dedicare a Città metropolitana è poca cosa rispetto alle reali esigenze della delega affidata.

La Sala Giunta di Palazzo Isimbardi, con il soffitto affrescato di Gianbattista Tiepolo (foto, cittametropolitanamilano.it)

Ma c’è dipiù. Nell’istituzione metropolitana è scomparsa la politica, il Consiglio è stato svuotato, la giunta (per legge) non esiste più. La politica, quella che gli amministratori degli enti locali conoscono bene, è svanita.

Il Consiglio metropolitano, a differenza del vecchio Consiglio provinciale, non è più luogo che vive traendo alimento dal territorio, dalle sue opportunità e contraddizioni, dalle sue vertenze: oggi il Consiglio metropolitano è un luogo di ratifica notarile di deliberazioni, senza discussione politica.

La politica è stata espulsa dall’istituzione metropolitana. E quando in politica si crea un vuoto, c’è sempre qualcuno o qualcosa che occupa lo spazio lasciato libero.

E questo vuoto, come era facile prevedere, è stato riempito, questa volta non da una rappresentanza politica altra, ma dalla tecnica, dalle strutture tecniche, dalla tecnocrazia per dirla con parole grosse.

Oggi le vertenze ambientali che si esprimono sul territorio (ce ne sono sempre e sempre ce ne saranno) vengono di fatto decise da dirigenti e funzionari. Non dalla politica.

La politica è stata espulsa anche a causa di una legge, la Delrio, infarcita di anti-politica (mi riferisco al tema del divieto delle indennità di carica, ma qui mi fermo in quanto questo è terreno scivoloso e non è questo il motivo di questo articolo…).

Ciò che penso è frutto di una frequentazione con questa istituzione durata quasi un lustro, vissuta dal di dentro.

Per tutti questi motivi, circa un anno fa, ho ritornato al sindaco metropolitano, le deleghe che mi erano stato conferite quattro anni prima.

In questo lasso di tempo alcune cose importanti sono però riuscito a portarle a compimento. Tra queste, in particolare, un piano cave che, rispetto al precedente, riduce del 50% l’attività estrattiva nel decennio 2019-2029 (da due anni e mezzo il piano è ancora fermo in Regione per l’approvazione; nda). Poi l’adozione di un Piano territoriale metropolitano con una forte impronta ambientale e, infine, l’introduzione, per la prima volta nella storia dell’ente, del tema climatico nelle politiche dell’istituzione metropolitana attraverso tre progetti finanziati, uno dei quali europeo, attualmente entrato nella sua fase conclusiva, il Life Metro Adapt.

Cosa dire, infine. O si riforma la legge o assisteremo a un ulteriore declino dell’ente intermedio, che nella sua storia ha pur significato qualcosa.

Ciò che spiace rilevare infine riguarda il personale impiegato nell’ente. Un ente in profonda crisi di identità non può rappresentare per chi ci lavora un luogo in grado di sviluppare le professionalità delle persone. Al contrario, come ho potuto verificare lavorando con molte di loro, l’ente è e rimane un oggetto misterioso del quale non si coglie l’avvenire.

Gli impegni per il prossimo sindaco metropolitano

In attesa di una profonda revisione della legge istitutiva delle città metropolitane (la 56 del 2014), che restituisca il potere di rappresentanza diretta ai cittadini elettori (e che preveda quindi la cancellazione del sistema elettorale di secondo livello), occorre che il sindaco metropolitano si impegni a facilitare il ripristino del confronto politico all’interno del consiglio metropolitano e a istituire un organismo ad hoc dei consiglieri delegati, all’interno del quale i principali provvedimenti amministrativi vengano preventivamente discussi prima della relativa decretazione, come avviene nelle giunte comunali e come avveniva in passato nella giunte provinciali.

Il sindaco metropolitano si deve altresì impegnare a rendere funzionante l’attività delle zone omogenee, per un effettivo processo di coinvolgimento dei territori e dei cittadini amministrati nel processo di costruzione e gestione delle politiche metropolitane.

Compito del sindaco metropolitano è proporre, nelle sedi istituzionali, modifiche legislative all’attuale legge nazionale che contemplino l’elezione diretta degli organi dell’ente da parte dei cittadini elettori (sindaco e consiglieri metropolitani), la non coincidenza del sindaco metropolitano con il sindaco capoluogo, il ripristino dell’organo esecutivo (giunta metropolitana), l’aumento del numero dei consiglieri metropolitani secondo una proporzione adeguata all’estensione dei territori e, infine, il ripristino, anche simbolico, dell’indennità di carica per consiglieri metropolitani e consiglieri delegati.

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