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Con le “Cicliste per caso” sulla pista ciclabile Margherita Hack

di Sara Marsico

 Il 30 giugno scorso un nutrito gruppo di appassionate e appassionati della bicicletta si è ritrovato al semaforo di Vizzolo Predabissi, incuriosito dall’invito a un’intitolazione misteriosa.

Immancabile l’ex presidente della Fiab nazionale Giulietta Pagliaccio, che forse sapeva qualcosa ma ha mantenuto il segreto.

Stavano per arrivare le madrine dell’intitolazione, Linda Ronzoni e Silvia Gottardi, le Cicliste per caso protagoniste di varie imprese, in sella alle loro inseparabili e splendide biciclette, direttamente da Milano.

Dopo averle salutate e ringraziate, la sindaca Luisa Salvatori ha provveduto a scoprire la targa intitolata a Margherita Hack, dottoressa in fisica e atleta ciclista.

Intitolare una pista ciclabile a Margherita Hack significa rendere visibile e valorizzare una donna “fuori dagli schemi”, che ha portato avanti la sua scelta di studiare materie all’epoca e ancora oggi ritenute più consone agli uomini, di essere moglie fedele e affettuosa per tutta la vita di un unico uomo (scelta oggi veramente rivoluzionaria) e di sostenere fermamente la decisione di non essere madre, condividendola con l’amore della sua vita.

Una donna che si è dedicata alle creature che condividono la nostra sorte sulla Terra, gli animali e che ha visto nella bicicletta uno strumento di libertà.

Un modello controcorrente e non omologato come Margherita Hack può essere prezioso per le nostre ragazze, libere di scegliere il loro destino e di non identificarsi necessariamente nel ruolo di madri e forse neanche di mogli per sentirsi realizzate.

Forse non tutti sanno che in questi giorni è stata dedicata all’astrofisica regina delle stelle una statua, l’unica dedicata a una donna in tutta Milano, perché alle donne le statue non si dedicano, mentre di statue dedicate a condottieri, re, musicisti, poeti e scrittori è piena ogni città.

In occasione del rinfresco nel parco di Sarmazzano la sindaca Luisa Salvatori, iscritta come Giulietta Pagliaccio all’associazione Toponomastica femminile, che fa del riequilibrio di genere nell’intitolazione dei luoghi la sua mission, ha tenuto un discorso che mi piace riportare: «Margherita nacque a Firenze proprio alla vigilia del ventennio fascista, in una famiglia non troppo agiata, profondamente anti fascista. Margherita a scuola andava bene e i genitori l’aiutarono a continuare a studiare. Lei trascorreva tutto il tempo libero all’aperto, per esempio al giardino pubblico del Bobolino. Fu qui che un giorno del 1933 incontrò Aldo De Rosa, allora tredicenne, che diventerà il suo compagno di vita. E fu qui che s’innamorò della bicicletta che rappresentava per lei il simbolo della sua autonomia e della libertà. La sua prima bicicletta le fu regalata dai genitori per l’ammissione alla prima liceo e da allora divenne il suo mezzo di trasporto preferito. Si iscrisse all’università, prima a Lettere, ma poi capì che la sua strada non era quella. Studiò fisica e si appassionò all’astronomia. La sua storia di grande scienziata internazionale è nota a tutti, ma meno nota è la sua grande passione e dedizione per lo sport. Fu una grandissima sportiva, campionessa di salto in alto, pallavolista e dedita alle passeggiate in bici sino ad età…innominabile!!! La sua vita fu quasi una “pedalata civile”, che descrive il suo impegno culturale, civile e ambientalista. Margherita unì l’amore per la fisica a quella della bici, anche quando fisicamente appese la bici al chiodo ma continuò ad avere una vita ricca, ricca di ideali e di sogni. Il suo ideale di vita fu quello di unire e mai dividere! Tutto ciò che fa parte dell’universo, è connesso, è UNITO. É per questo che dedichiamo a lei questo percorso che UNISCE i nostri quartieri, i nostri cittadini».

Le cicliste per caso, che da poco hanno festeggiato i tre anni della loro unione civile, avevano portato il loro libro Cicliste per caso, l’Italia in bici sulle tracce di Alfonsina Strada dedicato A tutte le Alfonsine Strada.

Un libro che racconta i loro viaggi e che consiglio a tutte e tutti di leggere. Avrebbero anche voluto vedere la pista che va da Melegnano a Cerro al Lambro intitolata ad Alfonsina Strada, la prima donna che nel 1924 partecipò al Giro d’Italia, sola esponente del genere femminile in mezzo a tanti uomini:  una scelta che è stata il frutto di un’attività di cittadinanza attiva di una classe dell’Istituto tecnico Benini di Melegnano.

Sarà per un’altra volta, certamente.

Per le donne in particolare la bicicletta è uno strumento di libertà e un’alleata formidabile.

Come scriveva Susan B. Antony, pioniera dei diritti delle donne: «Lascia che ti dica cosa penso della bicicletta. Penso che abbia fatto per l’emancipazione femminile più di ogni altra cosa al mondo. Dà alle donne una sensazione di indipendenza e di fiducia in loro stesse. Gioisco ogni volta che vedo una donna in bicicletta…è l’immagine della femminilità libera e priva di ostacoli».

Intitolare a una donna come Margherita Hack questa pista ciclabile non è stato facile.

Si pensa sempre prima a personaggi locali, solitamente maschili e nemmeno un nome di peso come quello di Hack riesce a vincere convinzioni radicate fondate su stereotipi difficili da combattere.

Ma è questa la strada, se vogliamo che la parità di genere, uno degli obiettivi di sviluppo sostenibile del Millennio, si realizzi davvero e non sia soltanto una vuota formula con cui i politici si riempiono la bocca.

Grazie a Luisa Salvatori, alla sua determinazione e al suo coraggio, ma soprattutto grazie a Margherita Hack per essere stata un modello per tante di noi.

In apertura, le cicliste all’intitolazione a Margherita Hack della pista ciclabile di Sarmazzano a Vizzolo Predabissi

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