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Controllo del Vicinato – L’esperienza del quartiere Montorfano

di Marco Crisanto

Giusto un anno fa, in questo stesso periodo, su proposta dell’amministrazione comunale, all’interno del Comitato di quartiere Montorfano abbiamo iniziato a riflettere sull’opportunità di promuovere un gruppo di controllo del vicinato (CdV).

Il primo passo intrapreso è stata una attenta valutazione degli scopi e delle finalità del CdV.

Il controllo del vicinato nasce con l’obiettivo di ricostituire la rete sociale e di mutua collaborazione tra i cittadini residenti in una determinata zona e aumentare il senso di sicurezza, con una collaborazione strutturata con le forze dell’ordine.

È fondamentale comprendere che la collaborazione in questione non significa la sostituzione alle forze dell’ordine, poiché il principio funzionale è quello della collaborazione fra vicini al fine di diminuire il senso di insicurezza e ansia verso situazioni valutabili come anomale.

Per costituire una zona sottoposta al controllo del vicinato non servono forme particolari se non la disponibilità dei cittadini a formare un gruppo di collaborazione.

Il funzionamento del CdV è basato sull’informazione tramite gruppo WhatsApp, a cui fa capo un coordinatore che tiene i contatti con le forze dell’ordine.

Solo dopo aver individuato un volontario come coordinatore in una persona conosciuta nel quartiere e assolutamente equilibrata, abbiamo pensato di provare questa esperienza.

Il gruppo dovrà segnalare le situazioni ritenute sospette al coordinatore: quest’ultimo ha anche una funzione di filtro, affinché alle forze dell’ordine vengano segnalate solo quelle situazioni che abbiano un reale fondamento e utilità.

Cortile di Via Zuavi; 1981 (fotografia di ©Adriano Carafòli)

Nella declinazione che vogliamo concretizzare, un nostro obiettivo è ridurre l’anonimato tra i vicini e creare una rete di protezione per i soggetti più vulnerabili, come le persone anziane e sole: un po’ come avveniva una volta nelle case di ringhiera dove abitava mia nonna. Quando mi portavano a trovarla era tutto un salutarsi e chiedersi come andava e man mano che salivo le scale, un poco buie, aumentava il senso di “casa”.

Il controllo del vicinato riduce l’anonimato tra vicini e crea una rete di protezione.

L’aspetto cruciale di simili iniziative risiede nella gestione che ne deriva da parte del referente e responsabile del gruppo.

Nel caso del nostro quartiere la figura di Roberto Rossi, persona equilibrata e molto attenta alle dinamiche psicologiche, ha fatto sì che fin a ora si tratti di un’esperienza molto positiva.

Il lavoro sottotraccia svolto dal coordinatore ha infatti determinato una azione di educazione alla corretta valutazione degli eventi da segnalare. Dalla gestione dei primi momenti di diffidenza verso persone e piccoli eventi a una corretta valutazione tra comportamenti da segnalare o situazioni da ricondurre entro i canoni della normalità.

Al termine del primo anno di attività, possiamo dire che si è trattata di un’esperienza positiva che contiamo di proseguire.

 

In apertura, un cortile di via 8 Giugno; 1981 (fotografia di ©Adriano Carafòli)

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