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Di salami, caci e uova – 1a puntata

di Roberto Silvestri

Edgar Meyer ci ha parlato in un suo articolo (link) dei diritti degli animali e dell’Ufficio che dovrebbe tutelarli.

Ci sono però animali che sfuggirebbero a questa tutela, sono quelli destinati alla nostra alimentazione, sia perché ne mangiamo le carni sia perché producono cibo per noi. Di questi voglio parlare oggi.

Per farlo facciamo un passo indietro nel tempo, al 28 ottobre del 4004 a.C. I creazionisti hanno infatti stabilito che la terra è stata creata il 23 ottobre 4004 a.C. a mezzogiorno, alla faccia del Big Bang.

E Dio disse: «Facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza: dòmini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra.»

E ancora, dopo il diluvio universale, nel 2348 secondo l’agenda creazionista:

Dio benedisse Noè e i suoi figli, e disse loro: «Siate fecondi e moltiplicatevi e riempite la terra. Il timore e il terrore di voi sia in tutti gli animali della terra e in tutti gli uccelli del cielo. Quanto striscia sul suolo e tutti i pesci del mare sono dati in vostro potere. Ogni essere che striscia e ha vita vi servirà di cibo: vi do tutto questo, come già le verdi erbe.»

Facciamo ora un salto di qualche millennio, ed arriviamo alla fine del 1500, periodo questa volta certificato. Scriveva Francis Bacon:

«La natura è una prostituta; noi dobbiamo domarla, penetrare i suoi segreti e incatenarla secondo i nostri desideri».

Oggi il nostro sistema alimentare è fondato su queste visioni, e poco importa se il “dominio” dell’uomo sugli animali, secondo la moderna interpretazione della Bibbia, debba intendersi come autorità delegata e non come arbitrio e tirannia; poco importa se Bacone sostiene che la natura si vince soltanto obbedendole. Abbiamo costruito un sistema di produzione del nostro cibo quotidiano in cui la natura tutta è solo inerte materia prima, e i nostri colleghi animali sono oggetti la cui essenza di esseri viventi è solo un problematico accidente.

Andiamo a vedere cosa succede negli allevamenti intensivi.

Foto tratta da “Maiali mutilati e scrofe in gabbia” by Essere Animali

Centinaia, migliaia di animali ammassati all’interno di enormi capannoni e costretti in piccoli spazi – lo spazio costa -, nutriti spesso con prodotti per loro innaturali, obbligati a respirare aria inquinata dai loro escrementi, rischiarati da luce artificiale, senza nessuna possibilità di mantenere comportamenti naturali e, nel caso di animali da carne, costretti all’immobilità per evitare il dispendio di energie che rallenterebbe l’accumulo di peso. Spesso mutilati per evitare che lo stress li faccia impazzire e diventare aggressivi nei confronti dei loro vicini.

Smettiamo di chiamarli allevamenti, parola troppo nobile per questi musei degli orrori, allevare significa nutrire, prestare le cure necessarie per lo sviluppo fisico e psichico. Queste sono solo fabbriche in cui la merce è casualmente vivente, merce che acquista valore solo muovendosi. E qui si apre un altro capitolo, quello del trasporto.

Ammassati all’interno dei camion, spaventati, assetati, maltrattati, milioni e milioni di animali affrontano attualmente insensati viaggi di giorni, anche settimane, prima di raggiungere i mattatoi. […] Tanti arrivano a destinazione già cadaveri, e vi sono ben poche garanzie che non vengano macellati lo stesso. (Margherita D’Amico – La repubblica -12 marzo 2013)

Non dobbiamo pensare solo al benessere degli animali con le zampe per terra o di quelli delle cui carni ci cibiamo, le stesse condizioni di sofferenza le ritroviamo negli allevamenti ittici ed in quelle delle vacche da latte o delle galline ovaiole. Queste ultime sono richiuse in gabbie di dimensione inferiore ad un foglio A4.

Foto tratta da “L’insostenibile produzione di uova negli allevamenti di galline” by Essere Animali

Negli allevamenti intensivi le vacche sono perennemente gravide. Potrebbero vivere circa 20 anni, ma la loro carriera si chiude precocemente, a 5 anni. L’80% delle bovine da latte riformate è adatto alla macellazione, in grado cioè di salire e scendere con le proprie zampe dal camion. Un altro 10%, le vacche a terra che non si rialzano più dopo il parto o che hanno subito traumi gravi, non sarebbe idoneo al trasporto ma per evitare i costi di smaltimento e per non far perdere la carcassa all’industria di macellazione vengono caricate sui camion con l’ausilio di verricelli o altri sistemi comunque disumani.

Abbiamo creato un sistema alimentare basato sulla sofferenza animale.

Ma quello del benessere animale non è che uno dei problemi originati dagli allevamenti intensivi, li approfondiremo insieme in altri articoli, se avrete la pazienza di leggerli.

Questa volta mi limito a una considerazione: noi mangiamo filetto, lombate e petto di pollo. E il resto? Se di un animale mangiamo solo una piccola parte dovremo allevarne molti di più per soddisfare la nostra richiesta. E ancora, siamo passati dal pollo domenicale degli anni ’50 al filetto quotidiano. In Italia nel primo Dopoguerra l’italiano medio consumava 18 kg di carne l’anno, oggi è arrivato a 92, a cui si sommano pesce, uova e latticini. L’eventuale fabbisogno di proteine animali si stima in 35 kg complessivi. Viviamo nel mondo dell’abbondanza ma conserviamo una struttura mentale costruita per il mondo della fame.

Un sistema alimentare insostenibile. Ma noi possiamo fare qualcosa. Se nella dieta abituale ci sono prodotti che derivano dal mondo animale, mangiamone di meno. E soprattutto acquistiamoli da allevamenti rispettosi del loro benessere. Ce ne sono anche vicino a noi.

Continua…

Immagine di copertina: foto di Rene1905 da Pixabay

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