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Gramsci, chi era costui? “Le lettere dal carcere”

di Giovanna Carrara

L’articolo è la sintesi del corso organizzato dalla Banca del Tempo di Melegnano in occasione del 25 Aprile 2021 e del 27 aprile, anniversario della morte di Antonio Gramsci.

Mi sono sempre chiesta perché uno scrittore appassionante e appassionato come Antonio Gramsci, un pensatore che continua a ispirare movimenti democratici e progressisti in ogni continente e che gode di successi editoriali in tutta Europa, sia così poco amato in Italia.

Forse spaventa la vastità della sua opera: tralasciando le centinaia di articoli giornalistici da lui scritti in gioventù sui giornali della sinistra (due dei quali, L’Ordine Nuovo e l’Unità, ideati, fondati e diretti da lui stesso),  le sole Lettere dal Carcere superano il considerevole numero di 500.

Si può comprendere un iniziale smarrimento del lettore. Eppure, a chi non si lascia scoraggiare dalla mole, esse aprono un itinerario umano molto interessante, complesso e avventuroso, una vita intensa e contrastata, degna di un eroe romantico, e regalano spesso pagine limpide di grande poesia.

Più complesso è il caso dei Quaderni, dei quali ci occuperemo in un prossimo articolo.

Dalle pagine delle Lettere emergono le esperienze dell’infanzia e dell’adolescenza, che forgiarono in lui uno spirito libero e resistenziale. Lo vediamo vivere coi compagni libere e curiose esplorazioni della natura, in una Sardegna ancora incantata, un vero e proprio Eden.

Lettera al figlio Delio, 22 febbraio 1932

(…) Una sera d’autunno, quando era già buio, ma splendeva luminosa la luna, sono andato con un altro ragazzo, mio amico, in un campo pieno di alberi da frutto, specialmente di meli. Ci siamo nascosti in un cespuglio, contro vento. Ecco, a un tratto, sbucano i ricci, cinque, due più grossi e tre piccolini. In fila indiana si sono avviati verso i meli, hanno girellato tra l’erba e poi si sono messi al lavoro (…)

Ma non tutto è idillio. Fin da bimbetto conosce il dolore e l’impedimento fisico del Morbo di Pott, la tubercolosi ossea che lo accompagnerà tutta la vita.  Quando poi ha appena sei anni, il padre, Ufficiale del Registro, viene arrestato per irregolarità contabili e rimarrà in carcere per più di cinque anni, gettando la numerosa figliolanza nell’indigenza e nella vergogna. La madre diventa quindi il perno della famiglia e costituirà con le sue doti di dolcezza, dignità e fermezza un punto di riferimento affettivo ed etico costante per i figli.

Lettera alla madre, 1928

Antonio, molti anni dopo nel 1928, le scriverà dal carcere.

Cara mamma (…) vorrei che tu comprendessi bene, anche col sentimento, che io sono un detenuto politico e sarò un condannato politico, che non ho e non avrò mai da vergognarmi di questa situazione (…) Cara mamma vorrei proprio abbracciarti stretta stretta perché sentissi quanto ti voglio bene e come vorrei consolarti di questo dispiacere che ti ho dato: ma non potevo fare diversamente. La vita è così, molto dura, e i figli, qualche volta devono dare dei grandi dolori alle loro madri.

Il lavoro e lo studio

Antonio dunque, quarto di sette figli, a 12 anni interrompe gli studi e si assume l’onere di un lavoro fisso.  Continuerà a studiare privatamente, anche grazie alla solidarietà delle sorelle, sostenendo fin da ragazzo il doppio impegno del lavoro e dello studio che lo porterà in vari momenti della sua vita a crisi di “esaurimento nervoso” come allora si diceva.

Grazie all’ospitalità del fratello Gennaro finisce gli studi a Cagliari al liceo “Dettori”. Sono anni di grande parsimonia, dato che i due devono sopravvivere con il misero stipendio di funzionario di Nannàro, ma anche anni di maturazione intellettuale perché il fratello maggiore lo inizia alla politica sia con la lettura dell’Avanti, sia con la frequentazione dell’ambiente della sinistra. Gennaro è infatti segretario della locale sezione del Psi.

Diventa leader politico

Finito il liceo, Antonio, ormai ventenne, concorre a una borsa di studio offerta dall’Università di Torino. Torino è in quegli anni la città più industrializzata e politicamente più vivace d’Italia. Il confronto con la classe operaia fa maturare in Antonio la sua vera vocazione di leader politico; benché cerchi con tutte le sue forze di mantenersi in pari con gli esami, non riesce a sottrarsi a quello che sente come un imperativo morale: animare le classi subalterne, fornendo loro strumenti per leggere il momento storico e le sue potenzialità.

Sono gli anni della rivoluzione bolscevica e la tentazione di “fare come la Russia” è forte tra gli operai e gli studenti torinesi. Antonio scrive sul Grido del popolo, poi su l’Avanti!

L’Ordine Nuovo

Il 1 Maggio 1919 esce la rivista della sinistra L’Ordine Nuovo, da lui fondata con la collaborazione di Palmiro Togliatti, Umberto Terracini e Angelo Tasca. Più tardi fonderà l’Unità.

Con lo scritto, la parola e la presenza anima lo sciopero generale del 1920   e l’occupazione delle fabbriche in quello stesso anno. Ma il movimento non si espande in tutta Italia e finisce per esaurirsi.

Dopo la gemmazione dal Psi del Partito Comunista d’Italia nel XVII Congresso, viene mandato a Mosca come delegato: nella IV Internazionale si parlerà soprattutto della critica evoluzione della situazione italiana.

Gramsci sarà l’unico dirigente della sinistra italiana che vedrà lucidamente il saldarsi del fascismo alle classi dominanti e la vocazione dittatoriale di Mussolini fin dalla marcia su Roma.

A Mosca anche la sua vita personale avrà una svolta: incontrerà la famiglia Schucht, straordinaria famiglia di rivoluzionari e artisti di cultura mitteleuropea. Julija Schucht, la violinista che diverrà sua moglie, è nata a Ginevra e ha studiato all’Accademia Santa Cecilia di Roma. Suo padre Apollon è amico e compagno di lotte di Vladimir Ul’ianovic, detto Lenin.

Quando Gramsci potrà finalmente tornare a Roma in relativa sicurezza, circa due anni dopo, Giulia partorirà a Mosca il loro primo figlio, Delio.

La sera del 8 novembre del 1926, però, Antonio Gramsci viene arrestato in violazione dell’immunità parlamentare. Resterà a Regina Coeli per 17 giorni in isolamento assoluto.

Le prime lettere sono del 20, alla madre e alla moglie:

La lettera alla moglie

Carissima Julka, ho pensato molto, molto in questo giorni. Ho cercato di immaginare come si svolgerà tutta la vostra vita avvenire, perché rimarrò certamente a lungo senza vostre notizie, e ho ripensato al passato, traendone ragione di forza e fiducia infinita (…) Carissima mia (…) voglio farti sentire forte forte tutto il mio amore e la mia fiducia. Abbraccia tutti di casa tua; ti stringo con la più grande tenerezza insieme coi bambini. Antonio.

Il figlio Giuliano, la moglie Giulia e l’altro figlio Delio (wikipedia.org)

Gramsci verrà spedito a Ustica con un provvedimento di polizia per un soggiorno obbligato di cinque anni. Descrive la traduzione in una lettera “troppo sincera” a Tatiana. La censura la blocca.

Il 2 gennaio 1927 scrive all’amico e compagno di lotte all’Università, Piero Sraffa.

Carissimo, ho ricevuto i libri da te annunziatimi nella penultima lettera e un primo blocco di quelli da me commissionati (…)

Approfittando della liberalità dell’amico, che è di buona e ricca famiglia borghese, Gramsci organizza una scuola per i detenuti politici di Ustica. Lui terrà i corsi di Letteratura e Storia, Bordiga quelli di area scientifica.

L’ulteriore arresto e relativa traduzione di Gramsci a San Vittore interromperà questa esperienza, ma renderà, come vedremo, ancora più acuta e sistematica la sua riflessione politica.

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