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Il manifesto per la nuova scuola (prima parte)

di Sara Marsico

Il 31 agosto scorso si è conclusa la mia esperienza di docente di scuola secondaria di secondo grado. Da quel momento, se devo entrare a scuola, devo ottenere un pass, perché lo Stato mi considera “estranea alla pubblica amministrazione”.

Come tante e tanti colleghi e colleghe che sono passati dalle scuole della Repubblica, che, ricordo, secondo Costituzione è concetto diverso da Stato, di quanto abbiamo fatto resterà traccia, forse, in qualcuno/a delle nostre e dei nostri studenti o colleghe/i. Tuttavia un’esperienza quarantennale nella scuola non si cancella facilmente e sicuramente è in grado di farti vedere ciò che non va e ciò che potrebbe migliorare nel luogo che hai scelto non solo per provvedere al tuo sostentamento, ma soprattutto per migliorare in meglio il mondo.

Per questo ho accolto con estremo piacere il Manifesto per la nuova scuola elaborato da un gruppo di insegnanti di tutta Italia, coadiuvati da esperti/e dell’età evolutiva. La sintesi di questo Manifesto, firmato, tra gli altri e le altre, da Alessandro Barbero, Dacia Mariani, Salvatore Settis e Tomaso Montanari è pubblicata sul Blog La nostra scuola, reperibile in rete.

In un prossimo articolo il commento ad alcune sue parti. Sarebbe interessante un dibattito nei commenti e siete tutte e tutti invitati a farlo.

1) La scuola come luogo della relazione

La scuola è il luogo della relazione e del rapporto intergenerazionale e si occupa delle persone in crescita, non di entità astratte scomponibili e riducibili a una serie di “competenze”. La retorica delle competenze, nata in ambito aziendale e lavorativo, non può infatti applicarsi ai processi lunghi e non lineari dell’apprendimento e della crescita.

2) Per una scuola della conoscenza

Per svolgere il compito che le è affidato dalla Costituzione, la scuola pubblica deve essere incentrata sulla conoscenza e sulla condivisione del sapere, sulla continua rielaborazione e attualizzazione dei contenuti culturali, oltre che sul rispetto delle esigenze psico-fisiche di crescita dei giovanissimi. Solo un’istruzione ampia e sostanziale – a partire da una reale e approfondita alfabetizzazione – può contribuire alla formazione di cittadini colti, liberi e consapevoli, necessaria alla sopravvivenza della democrazia stessa.

3) Un giusto rapporto tra mezzi e fini

Se è vero che la scuola deve essere fondata sulla conoscenza, sul sapere, sullo studio, tutti gli strumenti e i metodi dell’insegnamento, compresi quelli legati all’uso delle tecnologie digitali, devono rimanere o ritornare a essere dei semplici mezzi, da utilizzare non a prescindere ma se e quando le necessità della condivisione dei contenuti culturali lo richiedano. Non bisogna mai dimenticare che i primissimi strumenti di ogni insegnante, gli unici realmente indispensabili, sono la parola e la relazione.

4) Il mancato coinvolgimento degli insegnanti nelle “riforme” degli ultimi vent’anni

Poiché la scuola pubblica ha come finalità l’istruzione e la formazione umana e culturale delle persone in crescita, i decisori politici, prima di ipotizzare qualunque “riforma”, dovrebbero interloquire con gli esperti della trasmissione culturale e quelli dell’età evolutiva – insegnanti, psicoanalisti, intellettuali, educatori – e non con i rappresentanti di associazioni private – Fondazione Agnelli, Treelle, Anp – che rappresentano e perseguono appunto interessi privati.

5) Il reclutamento e la formazione degli insegnanti

La formazione e il reclutamento degli insegnanti devono avere al centro la preparazione culturale, la conoscenza approfondita e di prima mano dei contenuti disciplinari – solo degli autentici esperti possono infatti trasmettere agli studenti la passione per il sapere e per le singole discipline – la motivazione e la propensione all’insegnamento, alla condivisione culturale e alla relazione con le persone in crescita.

6) Restituire centralità all’ora di lezione

Se si vuole recuperare il tempo perduto in vent’anni di disastrose riforme e durante la pandemia, e reagire alla diffusione a macchia d’olio di un grave analfabetismo tra le nuove generazioni, occorre eliminare tutto ciò che non è apprendimento e insegnamento, compresi progetti superflui (mentre andrebbero potenziati quelli indispensabili come lo sportello d’ascolto psicologico e l’insegnamento dell’italiano agli studenti stranieri), percorsi PCTO obbligatori, test Invalsi e tutti quei documenti in cui la descrizione astratta e burocratica dell’insegnamento prende il posto dell’insegnamento stesso, in una continua e paradossale certificazione del nulla. Occorre eliminare tutte le attività burocratiche inutili che sottraggono tempo, attenzione ed energie agli insegnanti, che devono dedicarsi esclusivamente all’insegnamento; la scuola deve essere incentrata sui contenuti disciplinari, sul loro apprendimento, sulla loro attualizzazione, sulla loro rielaborazione, sul “’gioco” delle idee e delle conoscenze.

7) Rivedere l’intero impianto fallimentare dell’“autonomia scolastica”

L’ “autonomia scolastica”, da oltre vent’anni a questa parte ha trasformato la Scuola pubblica nazionale – “organo costituzionale della democrazia”, nelle parole di Calamandrei – in una serie di para-aziende in concorrenza tra loro per la conquista della clientela, in progettifici, in centri di potere e di proliferazione burocratica fine a sé stessa. È indispensabile invece restituire alla scuola l’orizzonte pubblico, democratico e nazionale che le è proprio, in modo che nessuna finalità estranea all’insegnamento/apprendimento possa interferire con l’unica attività che la scuola è chiamata a compiere, quella cioè di istruire ed educare.

8) Un diverso rapporto numerico tra studenti e insegnanti

Infine, occorre fare ciò che tutti annunciano e nessuno realizza: diminuire nettamente il numero di studenti per classe, in modo che gli insegnanti possano davvero dedicare tempo e attenzione alle esigenze di ogni studente; occorre anche smontare l’illusione secondo la quale gli strumenti digitali permetterebbero agli insegnanti di seguire un numero ancora maggiore di studenti. È vero esattamente il contrario: la “didattica a distanza” ad esempio, largamente inefficace con le persone in crescita, visto che per bambini e adolescenti non esiste apprendimento che non passi per la relazione e per continui feedback verbali e non verbali, richiederebbe semmai un rapporto uno a uno tra studenti e insegnanti, per poter avere una sia pur limitatissima validità (continua).

In apertura, Readers browsing through the bomb damaged library of holland house; London, 1940 (da La nuova scuola)

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