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“Io sono il re lucertola e posso fare qualsiasi cosa”. Vita, morte e quel che ci resta di Jim Morrison. Epilogo

di  Alessandro Arioldi

Le registrazioni dell’ultimo disco dei Doors erano in corso e dalle interviste rilasciate da Morrison in quel periodo, traspariva un’altra persona, che a tratti rivalutava il suo personaggio e rileggendo la sua storia, emerge il pensiero di un genio, senz’altro con diversi problemi e squilibri personali, preso d’assedio dai meccanismi del music business e dello star system.

Nonostante tutto quello che lo affliggeva, per l’ultimo album della storia dei Doors, Jim scrisse quelli che restano alcuni dei brani più famosi, che ancora oggi ne alimentano il mito e plasmano le menti di giovani fans, con i suoi testi visionari.

L’oscurità del poeta Morrison torna nella sua forma più vera, calda, affascinante e soprattutto grazie a lei, il sesto album della band è un grande disco, nonostante nacque sotto i peggiori presagi.

Uno di questi brutti segnali, che però poi si rivelò una specie di benedizione, fu la decisione del loro produttore, che aveva plasmato il suono Doors ed aveva contribuito agli splendidi risultati ottenuti con i primi due album, di lasciare il gruppo.

Paul Rothchild era diventato col tempo, una figura ingombrante, spesso nociva, che talvolta aveva cercato di  portare la band su territori alieni e ben poco produttivi per la loro arte, espresse la sua  volontà di lasciare i Doors, forse a causa di Morrison, ma anche per il clima che si era creato.

Rothchild stava producendo anche l’ultimo album di Janis Joplin, Pearl che uscì postumo ed anche per questo decise che L.A.Woman era un brutto album; in particolare contestò il suono di Riders on the Storm, che rimane il brano più famoso, ascoltato e amato di tutta la carriera dei Doors e che, forse si può considerare l’emblema dell’opera di Jim Morrison; lo definì “cocktail music”, un bel coraggio dopo aver prodotto Touch Me, e se ne andò sbattendo la porta.

Decisero di autoprodursi l’album, con il solo aiuto del loro storico tecnico del suono, chiamando un bassista, che aveva suonato con Presley, ed un altro chitarrista, per ottenere un suono più pieno.

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Il risultato è il disco che suona meglio, non il più bello perché i primi due hanno un più elevato livello di scrittura, ma quello con un sound più completo e tutto sommato l’album che è invecchiato meglio, in questi cinquant’anni.

Riders on the Storm è l’ultima grande composizione di Jim Morrison, la sua dichiarazione esistenziale definitiva, che richiama una canzone popolare della sua infanzia.

È un brano incredibilmente e meravigliosamente triste, il cui suono fu reso magico da un’idea del fonico di far registrare a Morrison una seconda voce sussurrata, all’unisono col suo cantato.

Registrazione che si effettuò nel bagno piastrellato dell’ufficio, che i Doors avevano allestito a studio di registrazione, che aggiunse ulteriore eco a quel sussurro quasi spettrale.

Al termine della session si raccolsero le trentasei bottiglie di birra che Jim aveva bevuto in quella giornata, per i presenti un record persino per lui.

Riders on the Storm ancora prima di essere pubblicata nel febbraio ’71, fu suonata dal vivo una sola volta, nel weekend successivo al 27° e ultimo compleanno di Morrison, l’8 dicembre 1970.

I Doors, anche se con i loro alti e bassi, sono stati anche un’ottima live band, con tre bravi musicisti che potevano suonare bene sul palco, ma che senza il loro carismatico leader non sarebbero andati molto lontano, anche perché se avessero potuto, quel riottoso e scostante frontman, l’avrebbero probabilmente cacciato, prima o poi.

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La consacrazione dei Doors live avvenne quando atterrarono dall’altra parte degli U.S.A., a New York nel giugno 1967, dove c’era un pubblico molto diverso da quello di Los Angeles, molto più sofisticato e molto più severo.

Conquistarono l’ammirazione di tutti, ma soprattutto quella del gotha della città più artistica degli States e fu grazie ai loro memorabili concerti, che due giovani cantanti emergenti, vollero incontrare Jim per chiedergli consigli di come stare sul palco; erano Mick Jagger e Robert Plant, che oggi non hanno bisogno di presentazioni, visto le loro carriere eccezionali.

L’impianto consapevolmente teatrale dei concerti dei Doors colpì in modo notevole la scena newyorchese, accendendo i migliori critici dell’epoca, che finalmente avevano qualcosa di nuovo di cui scrivere.

Morrison cominciò a rilasciare interviste, in cui si dimostrò bravissimo e capace di usare le parole per creare slogan e frasi indimenticabili, come nei suoi testi, per dimostrare che loro non erano una semplice rock band ed arrivando a coniare un’autodefinizione per cui i Doors si potevano definire dei “politici erotici”.

Il brano Celebration of the Lizard, oltre alla citazione che dà il titolo a questa breve storia di Jim Morrison, è la manifestazione perfetta di quella idea un po’ teatrale, un po’ poetica e un po’ sciamanica, che Jim aveva dei concerti.

Un lungo poema, un po’ cantato, un po’ recitato, dove già dal quasi silenzio della prima parte, si coglie quella sensazione di sospensione, con cui Morrison amava giocare sul palco.

Alla fine del 1970 erano in molti a pensare che Jim Morrison avrebbe avuto vita breve ed anche lui, sconvolto dalle morti di Hendrix e Joplin, andava dicendo che sarebbe stato il terzo, ma senza spavalderia o per sfidare il destino, aveva seriamente paura, anche se in contraddizione con le sue abitudini autodistruttive.

Aveva chiuso il contratto con l’Elektra e sospeso i concerti con i Doors, si riteneva libero ed aveva intenzione di concentrarsi sulla sua poesia e chiudere con i Doors, per dedicarsi ad un suo progetto poetico, da solo, ma dopo le prime registrazioni dei suoi versi, si accorse che doveva organizzare i pensieri e per questo decise di partire per Parigi.

Per lui era importante che il mondo lo percepisse come poeta, così firmò un contratto con l’Elektra per incidere un album di sue poesie.

Non aveva nulla che lo trattenesse a Los Angeles, inoltre i suoi conti aperti con la giustizia accelerarono i suoi progetti parigini per raggiungere Pamela, che era già partita dandogli l’aut-aut.

All’inizio di marzo del ’71, Morrison annunciò ai Doors il suo bisogno di una pausa e che aveva intenzione di andarsene; i tre dissero di essere rimasti sconcertati da questa decisione.

Ma cosa si aspettavano accadesse, dopo che tutti e tre se ne erano sempre fregati di lui?

Tutti e tre, col tempo, hanno ovviamente, pubblicato un libro di memorie sulla loro storia nei Doors, tutti e tre i libri hanno Jim in copertina, per vendere di più, ma in tutti e tre i libri non si trova traccia di un minimo di empatia, di un sincero affetto per quell’uomo che aveva cambiato le loro vite.

Hollywood, USA – April 18, 2014: The Doors star on Hollywood Walk of Fame in Hollywood, California. This star is located on Hollywood Blvd. and is one of over 2000 celebrity stars embedded in the sidewalk.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Lo avevano usato, spremuto , sfruttato, contribuendo a peggiorare il suo stato psico-fisico, per poi rimanere sbalorditi quando lui li lasciò per tentare di salvarsi.

Ma probabilmente era già troppo tardi e pensare che un aiuto potesse venire da Pamela non fu un’idea saggia; eroinomane persa, non fece altro che lasciare Jim più solo e ad avvicinarlo alla droga che, fino ad allora, non aveva ancora sperimentato, la più letale.

Purtroppo il viaggio ci conduce alla notte di quel funesto 3 luglio ’71, quando Pamela, dopo aver trovato il corpo di Jim nella vasca, per chiedere aiuto chiamò il suo ex amante e pusher, il conte Jean de Breteuil, che aveva sempre roba di alta qualità ed in quel periodo era l’amante di Marianne Faithfull, la cui versione narra che fu lui il primo ad accorrere sulla scena, per poi fuggire con lei per non essere invischiato nelle indagini.

Il conte francese era il fornitore delle rockstar, tra gli altri di Keith Richards e sembra avesse fornito l’ultima dose, forse troppo pura a Janis Joplin, come probabilmente quella che fu fatale a Jim, anche se il referto medico parigino attribuì ad un infarto la causa della morte.

Il conte Jean morì l’anno dopo, per overdose a 22 anni, mentre Pamela nel ’74, overdose di eroina.

Del progetto che Jim voleva portare a termine da solo, troviamo traccia nell’album che i tre Doors, ebbero il cattivo gusto di pubblicare nel 1978: An American Prayer, dove si nota l’uso inopportuno e spregiudicato dei materiali lasciati da Morrison, che ancora una volta sfruttarono per i loro profitti.

Il brano A Feast of Friends, in particolare, con il suo arrangiamento improbabile dell’adagio di Albinoni, che sovrasta l’intensa voce di Jim che recita un suo bellissimo testo, è l’evidenza di ciò che il loro ex produttore definì, lo stupro di Morrison; le sue ultime composizioni avrebbero meritato un trattamento decisamente migliore.

Furono addirittura i tre ex soci, a diffondere l’assurda storia che Morrison avesse inscenato la sua morte, per sfuggire a non si sa bene quali responsabilità nei loro confronti ed intentarono numerose cause contro Pamela Courson, per accaparrarsi parte dell’eredità di Morrison, sostenendo che lui non avesse adempiuto a tutti i suoi doveri contrattuali verso la band.

La dimostrazione di quanto siano stati squallidi i tre ex Doors sotto il profilo umano, si è vista in più occasioni, ma quanto si rivelarono anche mediocri dal punto di vista compositivo, lo evidenzia il fallimento dei due album che pubblicarono dopo la morte di Jim, il primo a nemmeno quattro mesi dalla tragica fine di colui che era stato l’unica luce che li avesse illuminati, permettendo loro di diventare quello che non avrebbero potuto con le loro limitate capacità.

Questa storia si può concludere con la testimonianza di una grande artista, compositrice, voce e musicista rock, che non a caso è soprannominata “la poetessa del rock”, Patti Smith, che non ha mai nascosto di essere stata profondamente influenzata dall’arte di Jim Morrison ed ha incarnato perfettamente la sua eredità.

Dopo aver assistito ad un concerto dei Doors, ne uscì cambiata per sempre e decise di unire poesia e rock, come per primo ed in maniera forse inarrivabile fece Jim Morrison.

James Douglas Morrison continua a scrivere poesie nella sua residenza al Père-Lachaise a Parigi, attorniato da molte delle più fervide menti della cultura internazionale, forse non consapevole di aver lasciato un segno indelebile nella cultura rock del 1900. This is THE END.

La tomba di Jim Morrison al Père-Lachaise

Un francobollo tedesco del 1988 con un ritratto di Jim Morrison. Il francobollo è stato emesso come parte della serie For The Youth, in cui un extra è stato addebitato l’importo (riportato sul francobollo) superiore alla tariffa postale corrente e il ricavato è stato devoluto alle organizzazioni dalla Fondazione tedesca della gioventù

 

 

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