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Joan l’Usignolo

di Alessandro Arioldi

“Vedere gli italiani cantare dai balconi è stata una forte fonte di ispirazione”: con queste parole lo scorso anno quando la pandemia ci aveva trafitto pesantemente, Joan Baez ci aveva regalato una sua intensa versione di “Un mondo d’amore“, singolo del 1967 scritto da Migliacci, Romitelli, Zambrini e cantato da Gianni Morandi, il cui testo è un tipico inno all’amore e alla fratellanza che caratterizzava gli anni Sessanta.

Il 9 gennaio appena trascorso, Joan Chandos Baez, la ragazza di sangue misto, messicano da parte di padre e scozzese per le origini materne, ha raggiunto il ragguardevole traguardo delle ottanta primavere vissute intensamente, con l’intenzione di proseguire il suo cammino con immutato fervore al fianco di coloro che vogliono combattere le ingiustizie sociali.

La sua voce cristallina e le parole dei testi delle sue canzoni, che scandiva sempre con chiarezza per far bene comprenderne il significato, hanno esortato svariate generazioni alla consapevolezza di importanti battaglie civili e presa di coscienza delle problematiche sociali.

La sua infanzia fu tormentata dai numerosi trasferimenti imposti alla famiglia dalla professione del padre, tra cui un periodo trascorso a Baghdad dove la piccola Joan vide cosa fosse la povertà e la miseria, e dalla vita scolastica resa difficoltosa ai bambini giudicati “non puri” statunitensi.

In questo periodo il suo animo fu altresì turbato dalla lettura del “Diario di Anna Frank”, in cui si rispecchiò, finché nel 1957 la giovanissima Joan, assistendo ad un discorso del reverendo Martin Luther King e sentendolo parlare di diritti civili, rimase folgorata dalle sue idee.

La prima volta che si esibisce in pubblico è con un ukulele a una manifestazione studentesca, da lì  acquista una Gibson a 50 dollari e inizia a suonare nelle piccole coffee house del Massachusetts.

Viene notata al Newport Folk Festival nel 1959 e successivamente pubblica il suo primo lavoro, JOAN BAEZ , che esce nell’ottobre 1960.

Affronta con interesse e passione vari generi, dal folk al country, dal blues al gospel e nei suoi concerti veicola la sua musica per commuovere e, attraverso i suoi testi impegnati e pregnanti, cerca di far riflettere e rendere più consapevole il suo pubblico.

Nel 1961 l’incontro con Bob Dylan che lei, già riconosciuta “regina del folk”, porta in un tour dove canta le sue canzoni, facendolo conoscere al grande pubblico; da qui inizia il suo impegno politico perché Joan pensava di poter cambiare veramente le cose, mentre Dylan, incoronato “re della protesta” dopo la marcia per i diritti civili a Washington nel 1963, non credeva che fosse possibile cambiare il corso delle vicende umane e gradualmente lascia la partecipazione attiva.

28 agosto 1963, Joan Baez e Bob Dylan, Rowland Scherman – U.S. National Archives and Records Administration

Nel corso degli Anni ’60 partecipa a manifestazioni pacifiste contro la guerra in Vietnam, nel 1965 fonda l’Istituto per lo Studio della Non Violenza, nel 1967 viene arrestata due volte, sempre per le sue proteste antimilitariste e canta per le madri dei desaparecidos dell’Argentina.

Le sue irremovibili convinzioni e il suo imperituro impegno erano un esempio per tutti.

Dylan dirà di lei: “Era qualcosa di diverso, quasi troppo da sopportare, la sua voce era come quella di una sirena al largo di qualche isola greca, era un’incantatrice; ti faceva dimenticare chi eri”.

Dopo tutte queste esperienze, non poteva mancare all’appuntamento più atteso e poi riconosciuto fondamentale da tutta la cultura alternativa d’America, il festival di Woodstock, evento epocale emblema della cultura hippy, a cui partecipa nell’agosto del 1969, pur essendo in dolce attesa.

Non possiamo poi dimenticare il tributo dell’anno successivo a uno dei suoi artisti di riferimento, Woody Guthrie, considerato tra i folksinger più importanti della storia della musica statunitense che ebbe molta influenza su molti artisti folk-rock della seconda metà del ‘900.

Il 24 luglio del ’70, c’è da segnalare anche un piccolo episodio italiano, quando la Baez suona all’Arena di Milano ottenendo vasti consensi dal pubblico giovanile.

Nel 1971 compone e canta la canzone Here’s to you dedicata a Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti, due attivisti anarchici italiani processati e giustiziati nel 1927 malgrado la loro innocenza, colonna sonora di Ennio Morricone del film del 1971 Sacco e Vanzetti di Giuliano Montaldo.

I concerti e le collaborazioni con vari artisti sono innumerevoli, così come le sue adesioni a sostegno dei più importanti eventi pacifisti, umanitari, ambientalisti, a favore dei diritti LGBT e della popolazione afro-americana, contro la pena di morte; sempre dalla parte giusta.

Durante i due mandati di G.W. Bush aprirà tutti i suoi concerti all’estero con la frase, ogni volta nella lingua locale: “Chiedo scusa per quello che il mio governo sta facendo al mondo”.

Nel luglio 2008 la Baez si è esibita, assieme a Vinicio Capossela, nell’evento Live for Emergency in piazza San Marco a Venezia per sostenere Gino Strada e l’indispensabile lavoro di Emergency nel mondo; nel 2011 si esibisce per il movimento Occupy Wall Street e nel 2017 entra nella Rock and Roll Hall of  Fame.

Tra album in studio, cover e live, Joan Baez ha al suo attivo circa una sessantina di incisioni, dalla famosissima We Shall Overcome, canzone di protesta pacifista di derivazione gospel  ripresa da Pete Seeger e che, grazie alla Baez divenne un inno del movimento per i diritti civili negli Stati Uniti d’America, alla suggestiva Diamonds and Rust, che ripercorre la sua storia sentimentale con Dylan.

Non ci resta che augurare ancora tanta buona musica alla ragazza che cantava scalza e che grazie alla sua voce da soprano, con un estensione di tre ottave e un particolare rapido vibrato, è stata soprannominata “l’usignolo di Woodstock”.

In  copertina, foto di Dena Flows, Concerto al Palacio Euskaduna Jauregia, Bilbao, 17 marzo 2015

Video: 5 giugno 1965 – We shall overcome, concerto al BBC Television Theatre, London.

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