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Sequestrati a Melegnano cinquanta chili di frutta

di Roberto Silvestri

Qualche giorno fa Il Cittadino pubblicò un articolo su un blitz contro gli abusivi del mercato di Melegnano: sequestrati cinquanta chili di frutta.

Il titolo del Cittadino

Io ricordo, con disagio, un episodio a cui assistetti qualche anno fa, una nostra vigilessa ritornava, fiera e tronfia, da un inseguimento di uno spacciatore di verdura brandendo, quasi fosse la bandiera strappate alle truppe nemiche, il suo bottino: una cassetta con pochi cespi di insalata.

Pur rendendomi conto che non si debba restare indifferenti di fronte a una, seppur piccola, illegalità, non mi unirò al coro degli entusiasti, dei lodatori delle forze dell’ordine a prescindere, né agli elogi di coloro che si sentiranno finalmente protetti da questo brillante intervento.

So che si sprecheranno contro di me le accuse di buonismo, mi rassegno fin da ora alle critiche. Per chi fa mostra del rosario e agita il vangelo come una clava aspirare a comprendere i fenomeni, praticare la solidarietà e pretendere di restare umani è grave colpa mentre meritoria è, invece, l’indifferenza, l’egoismo e, a volte, persino la crudeltà.

Come sempre, voglio provare a raccontare la storia dall’inizio, seguire i viaggi delle persone e delle cose. Ci aiuteranno a capire meglio di cosa stiamo parlando.

Da dove viene la frutta e la verdura illegalmente venduta?

Quando esplose la vicenda della terra dei fuochi si ipotizzò che questa fosse la provenienza. Quasi che pochi chili di ortaggi fossero uno sbocco appetibile per la criminalità organizzata. Per fortuna questa fantasia è evaporata, ma, a quanto ne so, nessuno si è mai più posto questa domanda: Da dove viene, che viaggio ha fatto la verdura venduta dagli ambulanti abusivi?

Provo a dare una possibile risposta e mentre la scrivo, so che mi attirerò le critiche di alcuni commercianti e delle loro associazioni. Non si tratta di una mia intuizione, questa ipotesi mi è stata prospettata dall’ex referente di Libera.

Forse la frutta sequestrata aveva fatto pochissima strada, veniva dalle bancarelle del mercato, una mancia che alcuni ambulanti danno a chi li aiuta a montare i loro stand. E, per favore, non si parli di lavoro nero, è un segno di riconoscenza per un aiuto ricevuto, non scomodiamo le categorie dell’evasione fiscale e contributiva.

Se fosse vero, si tratterebbe, apparentemente, di una situazione win-win, in cui tutte le parti traggono un vantaggio. Il commerciante paga il suo regalo al costo di acquisto, esponendo però chi gli ha dato una mano al rischio di denuncia e di sequestro della misera mancia che ha ricevuto. il rivenditore guadagna di più poiché incassa il prezzo di vendita.

Perché, mi chiedo, non dargli soldi evitando così di costringerlo a compiere un illecito, legittimando, implicitamente, il commercio illegale?

Il mercato di Melegnano (foto © Adriano Carafòli)

Diverso e più articolato il viaggio delle cose quando parliamo di chincaglieria e merci contraffatte, mercato che coinvolge, secondo la Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della contraffazione, Camorra, Ndrangheta e anche, in alcuni casi, il terrorismo internazionale. Investire in questo settore è più remunerativo e meno rischioso sotto il profilo penale rispetto ad altri comparti.

La maggior parte dei prodotti contraffatti è fatto in Asia (Cina, Turchia e Taiwan in testa) e i flussi di traffico passano per vari stati, tra cui Albania, Marocco, Ucraina.

A noi spetta il triste primato di essere il primo produttore europeo di prodotti contraffatti, anche perché in molte zone si trovano quelle che, secondo un’indagine DOXA del 2005, sono le condizioni ideali per sviluppare un’industria clandestina:

  • manodopera disponibile al lavoro clandestino e sottopagato;
  • un distretto produttivo che è cresciuto con la delocalizzazione di fasi di lavorazione di beni ad elevato valore di marca.

Che fare allora? Risaliamo la filiera e cerchiamo di porre rimedio là dove le storture nascono invece di limitarci a colpire l’anello più fragile, facilmente sostituibile, la cui perdita non rende più debole la catena dell’illegalità.

Bisogna cambiare atteggiamento, aumentare l’organico delle forze di polizia e della finanza preposte alle indagini, investire sulla competenza e in tecnologie che consentano i controlli efficaci. Oggi le scelte della politica sembra che vadano in senso contrario, almeno a leggere i giornali, poche le azioni preventive, in questa e in altre aree in cui l’illecito e la criminalità si annidano. Sembra, per usare una frase abusata ma forse non troppo a sproposito, che la politica scelga di essere forte con i deboli e debole con i forti, limitandosi a colpire, ogni tanto, solo la punta dell’iceberg.

Ora dopo aver accennato alle cose, parliamo di persone. Di migranti, extracomunitari, clandestini, irregolari, vu’ cumprà. Un viaggio più lungo, faticoso e pericoloso il loro, hanno dovuto lasciare la loro terra che non era più in grado di nutrirli, proteggerli, garantire una vita dignitosa.

A seconda del motivo del loro volontario esilio, come se fosse più lodevole salvare qualcuno da una guerra che non da una carestia, ad alcuni di loro dovremmo garantire accoglienza. Dovremmo… ormai sempre più spesso anche queste categorie incontrano difficoltà.

Noi siamo amici dei paesi che respingono queste persone, ma amici non disinteressati. Come abbiamo fatto in passato con il colonialismo, stiamo al loro fianco per spogliarli delle loro ricchezze, pronti ad allearci con i dittatori e a corromperli, utilizzando canali illeciti pur di entrare in possesso dei beni che servono a questa nostra società bulimica, chiudendo gli occhi davanti ad ogni nefandezza purché si abbia il nostro tornaconto. Pecunia non olet.

Con la nostra disattenzione all’ambiente stiamo creando condizioni climatiche che favoriscono l’avanzata dei deserti e la perdita di fertilità in molte zone dell’Africa e dell’Asia.

Ora i paesi ricchi, tra cui il nostro, tolgono letteralmente il cibo dalla loro bocca sottraendogli le terre che coltivavano per vivere, magari per farci biocarburanti.

Le persone che noi abbiamo scacciato dalle loro terre chiedono di continuare a vivere e sbarcano sulle nostre coste, arrivano nelle nostre città e, stante la nostra indisponibilità ad accoglierli, si arrangiano come possono, chi vendendo per pochi soldi un po’di verdura, chi accettando un ruolo marginale nella lunga e ricca filiera delle merci contraffatte.

Non meritano impunità, ma solidarietà e comprensione certamente sì.

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