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Gramsci, chi era costui? “I Quaderni del Carcere”

di Giovanna Carrara

L’articolo è la sintesi del corso on-line organizzato dalla Banca del Tempo di Melegnano in occasione del 25 Aprile e del 27 Aprile, anniversario della morte di Gramsci.

Il confino di Ustica costituì politicamente una tragedia per la sinistra italiana, ma l’atteggiamento resistenziale di Antonio e dei suoi compagni, come abbiamo visto, l’avevano reso vivibile e produttivo.

Il regime fascista preparava però in quei giorni il Processone alla classe dirigente del Partito Comunista d’Italia e un mandato di cattura, emesso dal Tribunale Militare di Milano, interrompe nel gennaio del 1927 l’esperienza della “scuola di Ustica”, trascinando Gramsci a S. Vittore.

Mussolini, conscio della radicalità dello scontro, sta già creando il Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato, che travolgerà le più elementari norme del diritto costituzionale.

Gramsci vive il primo tempo della detenzione in isolamento assoluto e comprende subito che, per dare senso alla sua vita di prigioniero, per non lasciarsi travolgere da quello tsunami, dovrà avere un progetto forte e coinvolgente.

In una lettera a Tatiana Schutch scrive: “Sono assillato (…) da questa idea: che bisognerebbe far qualcosa “fur ewig” (“per sempre, che duri”; ndr)…”, e traccia le linee di un grande piano di lavoro che possa costituire un contributo positivo e incisivo nella cultura italiana.

Tatiana Schuscht, cognata, consigliera e amica di Gramsci, lo assisterà durante i lunghi anni del carcere, dopo che la moglie Giulia, incinta, era tornata a Mosca. Tatiana aveva studiato medicina e insegnò a lungo in un liceo di Roma. La sua fitta corrispondenza con Antonio è stata recentemente pubblicata da Einaudi

Frattanto, nella requisitoria contro di lui, il Pubblico Ministero Isgrò afferma “Per vent’anni dobbiamo impedire a questo cervello di funzionare”.

Puntualmente il 4 giugno 1928 Gramsci è condannato a vent’anni, 4 mesi e 5 giorni di reclusione. La destinazione è il durissimo carcere di Turi.

Il disastro politico di quegli anni in Italia, in cui si era passati dal biennio rosso degli scioperi generali e dell’occupazione delle fabbriche (1919-20), alla incredibile conquista del potere da parte del fascismo senza che vi si opponesse alcun serio baluardo politico, etico o intellettuale costituiscono il nucleo della riflessione dei Quaderni del carcere.

Com’era potuto accadere?

Gramsci identifica nel distacco della classe intellettuale italiana dal pensiero e dalla vita nazionale, cioè nell’incapacità degli intellettuali di diventare una vera classe dirigente, la causa prima del tracollo democratico.

Il distacco di cui parliamo nasce fin dai tempi di Giulio Cesare, che, concedendo saggiamente la cittadinanza romana a tutti gli intellettuali dell’Impero, ne aveva fatto una classe coesa e fedele al potere, ma staccata dal popolo-nazione della Penisola.

La Chiesa cattolica, “universale” nel suo stesso nome, aveva poi perpetuato nei secoli del Medio Evo questa vocazione transnazionale delle classi colte, usando come lingua comune il Medio Latino, una lingua morta e astratta, che aveva sottratto al popolo la possibilità di comprendere e di incidere col suo pensiero sulla riflessione religiosa, l’unica filosofia che la gente semplice avesse a disposizione.

L’unica ed eccellente eccezione era stato Dante e la scuola del Dolce Stil Novo. Egli aveva portato il linguaggio del volgo, il Volgare appunto, a dignità di lingua, capace di esprimere pensiero filosofico e alta poesia.

Dal punto di vista concettuale e culturale Dante ha perciò fatto dell’Italia una nazione, anticipando di secoli la politica.

Poi tutto era ritornato all’antico, con la creazione di un Italiano “colto”, non più parlato, né tanto meno scritto dalla gente comune. Quasi senza soluzione di continuità si era giunti alle più esasperate espressioni di distacco culturale dal popolo in alcune correnti artistico- intellettuali contemporanee (di Gramsci stesso), come l’Ermetismo e l’Astrattismo, che dichiaravano apertamente di non essere fatte per la gente comune.

Scrive Ungaretti parlando del “pubblico”: “Chi è costui? Questo testone onnisciente, questo gusto squisito, questa assoluta probità, questa perla dov’è?” (cit. in Letteratura e Vita nazionale).

È evidente che il popolo ricambia con la diffidenza simili intellettuali e che la classe dirigente ha con ciò fallito la sua funzione di collegare il pensiero popolare alle grandi correnti di pensiero formale.

Il popolo in realtà esprime, secondo il Nostro pensatore, la propria filosofia nel senso comune, che non è privo di sperimentalità ed obbedisce al principio di causalità, proprio come la filosofia alta e formale.

Il fatto che il pubblico ami i romanzieri della grande letteratura europea come Hugo, Dumas, Dostoevskji e Tolstoi, che apprezzi il teatro classico greco, dimostra che non è un lettore privo di gusto, ma predilige contenuti affini alla sua vita e ai valori di progresso e riscatto in cui si riconosce.

È mancata in Italia una classe dirigente che si sentisse organica al popolo-nazione.

Gramsci ritiene che questa funzione di educazione-direzione reciproca tra popolo e intellettuali, in una dinamica dialettica di implementazione e scambio, possa essere svolta in modo particolarmente efficace dal giornalismo. Pensa ad un giornalismo integrale, organizzato come una vera e propria scuola per adulti, un giornalismo come quello che lui stesso ha praticato e creato, fondando una serie di giornali innovativi, dedicati ai vari livelli di pubblico.

Infatti la stampa deve essere in grado di offrire strumenti di comprensione anche a chi deve dirigere le grandi trasformazioni storiche. La redazione è una vera e propria élite intellettuale, che pratica l’egemonia culturale, intesa come leadership positiva, in modo dialettico, attenta agli input e ai contributi dei lettori.

L’intellettuale organico cui Antonio Gramsci fa riferimento è un giornalista, ma anche un artista, un uomo di teatro, un politico, ma non può essere certo un grigio funzionario di partito, un uomo di apparato. È, in ultima analisi, un uomo che ha dedicato il suo pensiero, la sua forza morale e la sua stessa vita al cammino del popolo, proprio come lui stesso ha fatto.

Gramsci giornalista collabora a un gran numero di quotidiani, tra cui L’Avanti; fonda e dirige alcuni giornali: l’Ordine Nuovo e L’Unità.  (Foto da ‘Vita di Antonio Gramsci’ regia Raffaele Maiello 1981)

Per chi volesse continuare a conoscere il pensiero di Antonio Gramsci, si consiglia:

YouTube

1.- Una discussione di Corrado Augias con lo storico Alessandro Barbero;

2.- L’ intervista di Enzo Biagi a Pertini sulla prigionia con Gramsci

3.- Luciano Canfora, che parla dei testi di Gramsci, in particolare del carteggio con la cognata Tatiana Schucht

 

Libri (dal più facile ed economico al più complesso e completo)

Lettere dal carcere di Antonio Gramsci

1.- di E.T. edizioni, una scelta delle Lettere curata da Spriano, con prefazione della Murgia (anche e-book);

2.- l’edizione completa di Sellerio. Molto dignitosa e con prezzo abbordabile;

3.- per i più secchioni la nuovissima e bellissima edizione con documenti e immagini di Einaudi, a cura di Francesco Giasi della Fondazione Gramsci. Costoso;

4.- “Lettere – 1926-1935 ” di Einaudi. Le lettere di Antonio e le risposte di Tatiana, che permettono di capire meglio anche le lettere. Einaudi.

La vita

1.-Vita di Antonio Gramsci di Giuseppe Fiore, si trova anche in e-book. Un classico.

2.-Gramsci e le donne: gli affetti, gli amori, le idee” di Noemi Ghetti. Molto interessante documentazione dell’importanza fondamentale delle donne nella vicenda gramsciana.

3.- La ricchissima e documentatissima “”Gramsci, una nuova biografia“, di D’Orsi, pubblicato da Feltrinelli.

In apertura, I Quaderni del Carcere nell’edizione del 1947 di Einaudi. Si tratta di 33 quaderni di appunti manoscritti dall’autore, conservati dalla cognata Tatiana Schucht e poi consegnati al Pci, che li pubblica con Editori Riuniti

 

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