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Interventi sul verde, al Montorfano non sono tutte rose e fiori

di Vincenzo Caminada

Nei mesi scorsi si sono completati gli ultimi lavori di manutenzione e piantagione al Bosco di Montorfano e nelle sue adiacenze. Ci sono però troppe cose che non vanno, vediamole.

Bosco di Montorfano

Ero tentato di intitolare l’articolo con “E’ tornato l’elefante nel bosco di Montorfano”, ma poi ho rinunciato per i seguenti motivi: l’elefante dei lavori precedenti, il grosso mezzo di esbosco che aveva sconvolto inutilmente la parte centrale del bosco, che avrebbe potuto essere opportunamente sostituito da motoseghe a mano, in questo caso era purtroppo necessario per tagliare e movimentare i tronchi pendenti sulla Vettabia che erano a rischio di cadervi dentro. I lavori sono stati però eseguiti, anche stavolta, con la mano troppo pesante, con tagli spesso incongrui (vedi immagine di apertura).

Nel caso degli alberi con più tronchi, i grossi tagli, che definirei come una sorta di “capitozzatura al piede”, hanno lasciato tronchi residui che sono condannati a una instabilità ventura prossima, a causa del deterioramento inevitabile per marciume e funghi della ceppaia rimasta e richiederanno presto un nuovo intervento dell’“elefante” per abbatterli, con nuovi costi e nuova distruzione del bosco nello spazio di manovra.

Tronchi residui a rischio di prossimo crollo lunga la Vettabia

 

 

 

Sono state eseguite anche molte potature inutili di rami, anche di grande diametro. un po’ dappertutto fino a spennare completamente fino in cima alcuni alberi.

Albero spennato fin quasi in cima

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Per compensare, giustamente, gli alberi tagliati si è piantato sull’alto della sponda della Vettabia un filare di più di un centinaio di alberelli, che presenta però una serie di aspetti incongrui, a cominciare dalla messa a dimora di una specie presente in massa nel filare: l’Ontano nero (Alnus glutinosa); mi stupisco che chi ha progettato l’intervento non sappia che si tratta di una specie adatta ai terreni normalmente umidi o addirittura periodicamente inondati, quali sono le sponde dei fiumi. Questi Ontani infatti non sono stati piantati vicino all’acqua, ma in cima a una scarpata alta parecchi metri, in terreno tendenzialmente asciutto e per di più su substrato ricco di macerie. Si è ripetuto anche qui lo stesso errore che ha portato alla morte per due volte degli Ontani neri piantati lungo il Lambro nella passeggiata Aldo Moro.

Inoltre, i grossi tronchi segati che, trattandosi di un oasi naturale, si sarebbero dovuti lasciare sul terreno del bosco (che è stato realizzato su di una discarica di macerie) perché fondamentali per migliorarlo con il rilascio di sostanze nutrienti nella lenta decomposizione, e per alimentare funghi, insetti e uccelli, sono stati asportati, quasi certamente per fare legna da ardere e pellet, sempre più ambiti e costosi in periodo di scarsità energetica.

Altri difetti di piantagione: la mancata esecuzione della conca di irrigazione per la maggior parte delle piante, che le esporrà a crisi idrica nella stagione estiva, e l’assenza delle protezioni antiroditori.

Merita una critica anche la recente scelta di sostituire l’alimentazione di due stagni, fino a prima con acqua di rete, con acqua di prima falda, notoriamente inquinata. Evidentemente si è ignorato il fatto che le acque tendenzialmente stagnanti tendono ad accumulare con l’evaporazione le sostanze chimiche presenti, diventando sempre meno idonee alla vita acquatica. Bel regalo alla biodiversità di un’oasi naturale! Abbiamo tolto alla natura da sempre acqua pulita per restituirla inquinata, ma ciò si sarebbe dovuto evitare almeno in una area che si vorrebbe diversa dal resto inquinato dell’ambiente (Lambro e Vettabia). Inoltre, siccome la motivazione dell’intervento consiste nel costo rilevante della fornitura di acqua di rete, sarebbe interessante sapere se sia stato fatto un paragone con le spese di costruzione del pozzo (ben 77.000 euro), la sua manutenzione e il costo dell’energia elettrica per il funzionamento.

Lo stagno inferiore in fase di riempimento con acqua del pozzo

Rimboschimento di via Martin Luther King

Nell’ area verde compresa nella curva di via Luther King qualche mese fa si sono piantate alcune centinaia di piantine forestali, idea in sé ovviamente positiva e ripresa da una proposta fatta in precedenza dal Laboratorio “Un albero in più”. Peccato che anche quest’operazione sia stata eseguita in modo sostanzialmente discutibile, per vari motivi.

Si nota nel progetto la mancanza di una minima analisi paesaggistica dell’area, perché le due masse rimboschite sembrano essere state posizionate a caso, senza aver nemmeno tentato di mascherare visivamente i due lati cementificati dell’area, e sacrificando in gran parte la radura centrale a prato, caratteristica peculiare del sito assieme ai pioppi di grandi dimensioni.  Questi ultimi sono anche stati potati con una potatura di alleggerimento che avrebbe dovuto limitarsi alla rimonda dei rami piccoli, mentre ne sono stati asportati parecchi anche di diametro superiore ai 10 centimetri, quando è risaputo che tagli di questo tipo sono porte di ingresso per patologie varie foriere di futura instabilità.

In alternativa, per mettere in sicurezza il sito, si sarebbe potuta esaminare la possibilità di ancorare uno all’altro con dei cavi i tronchi inclinati.

Ampiamente discutibile anche la scelta di una specie forestale inserita in gran numero nelle due macchie rimboschite: la Ginestra dei carbonai (Sarothamnus scoparius), che in Lombardia è presente nelle associazioni di brughiera dell’alta pianura ed è assente in natura nella associazione caratteristica del querco-carpineto planiziale a cui fa riferimento questa area.

Pioppi di via King

Abbattuto un quarto dei pioppi cipressini (Populus nigra fastigiata) di via Luther King. Nella sintesi progettuale si parla di “10 piante a scelta del Comune.” Dovrebbe essere. a giudizio di un perito e non a scelta di un’amministrazione comunale! Ho la sensazione che, siccome il totale delle piante è 40, e ne hanno abbattuto  un quarto, l’operazione  sia programmata  nell’arco di quattro anni per farla digerire meglio agli abitanti. Però questa dilazione dimostra l’assenza di urgenza per rischio di caduta.

In sostanza, mi domando se sia stata eseguita una perizia seria e approfondita (con prospezioni al tronco, prove di trazione eccetera) che abbia giustificato l’intervento, che ha tempi di esecuzione anomali, anche perché le prime piante da eliminare sono state scelte solo in base alla contiguità coi lampioni, criterio discutibile per stabilire una scelta di messa in sicurezza.

Discutibile la scelta poi di sostituirle con un filare arretrato di Carpini piramidali (Carpinus betulus pyramidalis), pianticelle alte un metro e mezzo, di crescita lenta, alle quali occorreranno 30 o 40 anni per arrivare a metà altezza dei pioppi attuali, e che oltretutto manterranno la forma piramidale simile a quella dei pioppi solo nei primi anni, perché poi crescendo si allargheranno parecchio.

Due dei pioppi abbattuti a lato di un palo della pubblica illuminazione in via King

Aceri di via Vincenzo Monti

Una ventina di alberi, Aceri americani (Acer negundo), abbattuti per il fatto che avevano scalzato alcuni cordoli di cemento della base, come si vede nella foto.

Gli aceri abbattuti di via Vincenzo Monti

Sarebbe bastato risistemare la cordonatura di base, allargandola leggermente, per poterli salvare.

Sono stati sostituiti da un pari numero di Ciliegi da fiore, piante idonee, ma alle quali occorreranno 20 o 30 anni per raggiungere le dimensioni delle piante tolte.

Infine, un utile link sui danni da potature malfatte: Cos’è la capitozzatura degli alberi e perché danneggia le piante (boscodiogigia.it)

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