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Sanità in Lombardia e a Melegnano. Sogni e desideri a margine di un dibattito elettorale

di Giovanna Carrara

Sono davvero assonnata in questa calda serata quasi estiva, ma l’incontro sulla Sanità in Lombardia non me lo posso perdere. L’esasperazione per la sistemàtica impossibilità di prenotare visite e esami in tempi ragionevoli con il Servizio sanitario nazionale e il puntuale suggerimento di rivolgersi al privato convenzionato (“C’è una disponibilità domattina…”), ha ormai ceduto il posto a una sorda rabbia impotente.

Non voglio perdermi l’opportunità di sentire se qualche spiraglio di novità bolle in pentola: ci sarà il vicepresidente del Consiglio regionale Carlo Borghetti, che lavora da tempo nella commissione regionale Sanità. Ci sarà la candidata sindaca Marina Baudi e al sindaco tocca la responsabilità della sanità pubblica locale.

Mentre mi accomodo in una sala delle Battaglie già discretamente affollata arriva anche un medico chirurgo del San Raffaele. Mi accorgo che mi sta prendendo un leggero intorpidimento, quasi una dimensione onirica.

Per fortuna Borghetti comincia una storia interessante e serrata sulle riforme della Sanità lombarda.

Quella di Formigoni, che ha aperto il finanziamento pubblico alla sanità privata, quella di Maroni, che ha cancellato le Asl, quella di Moratti, che stiamo vivendo.

Sarà che sono prossima al sonno, ma mi torna alla mente, della prima riforma Formigoni, lo stupore per lo spropositato ticket pagato per uno screening che qualche tempo prima, con la giunta Ghilardotti, era stato del tutto gratuito.

Alla mia richiesta di spiegazione l’impiegato mi aveva risposto: “Ora sono gratuiti solo gli esami legati alla maternità”. Ricordo di come mi ero sentita umiliata per la marginalizzazione della mia salute, di me che figli ne avevo già tre.

La riforma Maroni l’avevo percepita per il progressivo svuotarsi dei poliambulatori pubblici, dove solo pochi anni prima era stato perfino possibile fare una protesi dentaria.
Di sicuro sono gli attimi di lucidità mentale che precede il sonno, ma ora che parla Alberto Ronchi, il chirurgo del San Raffaele, mi si chiarisce un dilemma: pubblico o privato nella sanità? Capisco che l’introduzione della sanità privata (convenzionata) nel sistema poteva essere una carta vincente, ma non lo è stata per la mancanza di programmazione e controllo da parte della Regione. Per cui il privato si è gettato sulle specialità e gli interventi più remunerativi e ci ritroviamo con più di 50 reparti di chirurgia cardiaca (più della Francia intera), mentre la medicina territoriale è stata ridotta ai minimi termini. E se devi fare un costosissimo trapianto di fegato troverai assistenza solo nel pubblico.

Ora mi è sempre più difficile rimanere sveglia mentre Marina Baudi racconta l’abbandono in cui sono stati lasciati i medici di famiglia durante la prima ondata del Covid-19, della necessità di fare rete e fare interagire le competenze, di costruire Case della Comunità pubbliche in cui far vivere ai pazienti l’assistenza extra ospedaliera. Di sicuro qualcosa me lo sono perso, e mi spiace.

Forse ormai sogno: Carlo Borghetti espone una nuova filosofia, parla di risorse mediche e infermieristiche insufficienti che è però possibile utilizzare molto meglio; dice che è necessario rimandare medici e infermieri nelle scuole, che le Case della Comunità devono essere fatte immediatamente, per non perdere le risorse del PNRR, utilizzando eventualmente strutture già esistenti.

Ora sogno certamente. Sogno che tornino i tempi della giunta di Fiorella Ghilardotti, quando la Regione dava risposta al cittadino entro 20 giorni (o rimborsava la visita specialistica).  Sogno che pubblico e privato collaborino virtuosamente con una programmazione stringente e realistica, che le strutture già costruite e funzionali (vedi quella di via 8 Giugno o di piazza Pertini) vengano presto riempite di servizi e non si sprechi tempo, denaro e suolo pubblico per costruirne di nuove.

Magari potrà succedere con nuovi amministratori comunali e regionali.

In apertura, immagine tratta da La Città Futura.

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