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Cassonetti gialli Caritas. A chi vanno i vestiti usati? Un esempio concreto di economia circolare

di Caritas Ambrosiana

Poiché la quantità di abiti che eliminiamo dai nostri armadi è molto superiore alle richieste delle persone in difficoltà che si possono raggiungere, ai tradizionali guardaroba dei poveri dove gli indumenti vengono donati a chi ne ha bisogno, si è affiancata la raccolta attraverso i cassonetti gialli Dona Valore.

Oggi Dona Valore è un esempio di successo di economia circolare.

In 20 anni ha prodotto oltre 3,5 milioni di euro a favore di 141 progetti sociali per 5.600 persone in difficoltà e ha permesso il risparmio di 42mila tonnellate di emissioni di anidride carbonica, oltre 70 miliardi di metri cubi di acqua, 3.500 tonnellate di fertilizzanti e 2.350 tonnellate di pesticidi risparmiati.

A garanzia dei cittadini e degli enti promotori del progetto, le cooperative si sottopongono a periodici audit etici da parte di organismi indipendenti. E ora anche una rete di second hand store consente di dare una seconda vita solidale agli abiti.

 

Per effetto del nostro stile di vita che consuma velocemente mode e gusti, la quantità di abiti usati prodotta da noi cittadini è cresciuta negli ultimi decenni in maniera esponenziale.
Se, ad esempio, volessimo smaltire in un unico posto gli abiti raccolti nei cassonetti della Caritas Ambrosiana durante gli ultimi 20 anni, dovremmo costruire una discarica grande quanto lo stadio di San Siro e alta come il Pirellone e la torre di Unicredit messe una sopra l’altra.

Se poi volessimo disfarci di quelli raccolti anche dagli altri operatori, di mega discariche ne dovremmo costruire molte di più.

Già nel 1998 Caritas Ambrosiana si è chiesta cosa fare di questa montagna fatta di abiti usati. Le parrocchie non riuscivano più a distribuire direttamente ai poveri gli abiti che venivano donati, perché la quantità era molto superiore alla domanda. Per dare un’idea nelle sole diocesi di Milano e Brescia, dove vivono circa 6 milioni e mezzo di cittadini vengono raccolti 30 milioni di capi all’anno, molti di più dunque di quanti ne potrebbero indossare i poveri.

Per impulso di Caritas Ambrosiana, sono così nati due canali di recupero complementari: quello tradizionale affidato ai volontari dei Centri di Ascolto che distribuisce ancora oggi direttamente alle persone in difficoltà gli abiti usati, attraverso i guardaroba dei poveri, e quello affidato alle cooperative sociali, chiamato Dona Valore.  

Con questo canale le cooperative raccolgono gli abiti usati e gli accessori (scarpe e borse) in cassonetti gialli con il marchio delle Caritas delle diocesi di Milano e Brescia posti in aree concesse dalle pubbliche amministrazioni attraverso regolari bandi. Poiché, per la legge italiana, quegli abiti sono rifiuti, le cooperative li vendono a imprese autorizzate a svolgere il lavoro di selezione, cernita ed igienizzazione.

Con il ricavato di questa vendita finanziano progetti sociali promossi dalle Caritas

In questo modo scarti, che sarebbero dovuti essere smaltiti in discarica, generano ricchezza che viene investita a favore di persone in difficoltà.

Non solo. Essendo la raccolta affidata a cooperative sociali che impiegano persone svantaggiate, la gestione stessa dell’attività ha un immediato impatto sociale, offrendo opportunità di impiego a soggetti deboli.

Come suggerisce il titolo del progetto (e come è riportato nelle info-grafiche) e poste anche sui cassonetti (al momento solo quelli più recenti, ma in futuro su tutti), dagli scarti si estrae un valore capace di generare lavoro e sostegno a soggetti deboli secondo i principi dell’economia circolare.

Chi gestisce il progetto Dona Valore

Per gestire il progetto Dona Valore è nata la rete Riuse (Raccolta Indumenti Usati Solidale ed Etica) composta da 8 cooperative (Consorzio Farsi Prossimo, Cooperativa Abad, Cooperativa di Mano in Mano, Cooperativa Ezio, Cooperativa Padre Daniele Badiali, Cooperativa Sociale Cauto, Cooperativa Spazio Aperto, Cooperativa Vesti Solidale). Il servizio è effettuato attraverso 1.500 cassonetti nella Diocesi di Milano e 500 nella Diocesi di Brescia. Tutti i cassonetti sono collocati in postazioni autorizzate dagli enti pubblici.

Gli abiti raccolti nei cassonetti vengono venduti ad altre imprese che gestiscono le successive fasi della filiera del recupero.

Tali imprese sono in possesso di tutte le autorizzazioni previste dalla normativa vigente, sono sottoposte a periodici controlli da parte delle autorità preposte, sottoscrivono specifici contratti e protocolli etici, e garantiscono il pieno rispetto di tutte le normative nazionali e internazionali.

Al momento solo una piccola frazione del materiale raccolto viene invece destinata ai second hand store (i negozi di abiti usati) in Italia e all’estero.

I risultati del progetto

Con il progetto Dona Valore la rete Riuse garantisce lavoro stabile a 87 persone di cui 31 in svantaggio certificato. Coperti i costi di gestione della raccolta con i suoi proventi, inoltre, la rete sostiene progetti sociali sui territori delle Diocesi: comunità e case di accoglienza, servizi di assistenza per persone con disagio psichico, minori, anziani, famiglie in difficoltà, stranieri e persone che hanno perso il lavoro.
Dal 1998 al 2018 le cooperative hanno erogato oltre 3,5 milioni di euro, con i quali sono stati sostenuti 141 progetti sociali che hanno aiutato 5.600 persone.

Solo nel 2018 l’attività economica ha prodotto 700mila euro investiti in solidarietà.
Inoltre le cooperative hanno reinvestito ulteriori 2 milioni di euro per nuove attività di impresa che hanno generato 80 posti di lavoro per fasce deboli della popolazione.
L’attività ha poi prodotto benefici indiretti. Solo nel 2018 sono state raccolte 11 mila tonnellate di abiti e accessori usati. Il recupero di questi scarti ha permesso di risparmiare 42 mila tonnellate di emissioni di anidride carbonica, il consumo di oltre 70 miliardi di metri cubi di acqua, l’utilizzo di 3.500 tonnellate di fertilizzanti e 2.350 tonnellate di pesticidi.

L’eticità della filiera e i controlli

A garanzia dei cittadini e degli enti per i quali svolgono la raccolta, vale a dire la Caritas Ambrosiana e la Caritas della Diocesi di Brescia, la rete delle cooperative Riuse si sottopone volontariamente a controlli di enti terzi. Gli ultimi, in ordine di tempo, sono stati gli audit effettuati dal Forum Ethibel, organizzazione indipendente belga, che ha rilasciato alla rete Riuse il marchio Solid’r che identifica le imprese che operano secondo i criteri dell’economia sociale e solidale riconosciuti dalla Ue.

Tutte le cooperative della rete sono in possesso delle certificazioni di qualità Iso 9001 e ambientale Iso 14001; tutte sono iscritte alla White List della Prefettura di competenza e tutte hanno realizzato o realizzeranno entro i prossimi mesi un Modello Organizzativo e Gestionale conforme al decreto legislativo 231/01 con la presenza di un organismo di valutazione esterno e indipendente.

Tutte le cooperative rispettano la normativa italiana in materia di cooperazione sociale senza fini di lucro, pubblicano il bilancio sociale, sottopongono a verifica e attestazione da parte di un revisore contabile il bilancio economico.

A valle di questa filiera, ci sono le imprese commerciali.

Le cooperative scelgono impianti di stoccaggio autorizzati con procedura ordinaria, la più vincolante, perché prevede parere favorevole del maggior numero di enti: Ats, Comune, Provincia, Vigili del Fuoco.

Inoltre, le cooperative chiedono ai propri clienti commerciali le massime garanzie possibili: Durc in corso di validità che attesta l’assolvimento degli obblighi assicurativi e contributivi per i dipendenti, autocertificazione antimafia; certificato carichi pendenti, certificazione camerale a testimoniare la completa estraneità rispetto a possibili illeciti commessi in passato.

Nei casi in cui un acquirente assuma un comportamento non conforme alla legge, viola il patto di fiducia con la cooperativa e reca, seppure indirettamente, un danno di immagine a Caritas.

In queste circostanze Caritas è parte lesa. Per questa ragione è nell’interesse di Caritas che le autorità pubbliche accertino che le società che gli stessi enti hanno autorizzato rispettino gli adempimenti richiesti. Da parte loro, le cooperative si impegnano a interrompere rapporti commerciali con l’acquirente, ogni qual volta viene accertato dall’autorità competente, la magistratura, che costui ha commesso un reato.

Le prospettive future 

La sovra-produzione, spinta dal fenomeno del fast fashion, è al momento un grave problema prima di tutto di ordine culturale che ha introdotto nuove criticità nel settore del recupero e riciclo dei rifiuti.

Le cooperative sociali si sono poste seriamente la questione e stanno cercando delle soluzioni, percorrendo diverse strade.

Nel 2018 hanno aderito a Tess (Textile with Ethical Sustainability and Solidarity), il gruppo europeo di imprese sociali, nato per dare vita a forme di commercio equo nel settore della raccolta e vendita degli indumenti usati. Un’alleanza del quale fanno parte importanti realtà no profit: Terre asbl (Belgio), Oxfam solidarite asbl (Belgio), Ebs le relais est (Francia), Formacio i treball (Spagna).

Hanno costituito una rete di second hand store (Share) composta da 6 punti vendita (3 a Milano, uno a Varese, uno a Lecco e uno a Napoli) attraverso la quale reimmettere nel mercato, gli abiti usati.  L’investimento pari ad oltre 500.000 euro ha consentito negli ultimi anni la creazione di 15 posti di lavoro e l’avviamento al lavoro attraverso il tirocinio e/o la borsa lavoro di una trentina di giovani italiani e stranieri spesso portatori di fragilità e svantaggi fisici o psichici.

Considerando come massima priorità la totale trasparenza e legalità verso i cittadini, le Caritas coinvolte e le oltre 200 amministrazioni comunali con le quali la Rete Riuse collabora, le cooperative sociali hanno deciso di sostenere un oneroso investimento (oltre 4 milioni di euro) per la realizzazione di un impianto per la selezione ed igienizzazione degli indumenti usati raccolti.

Questo impianto gestito direttamente da cooperative sociali onlus consentirà di chiudere la filiera del riciclo all’interno del sistema no-profit e di alimentare la rete dei negozi Share che andrà progressivamente crescendo sull’intero territorio nazionale e alimenterà quelle forme di commercio equo con alcuni Paesi dell’Africa, dove altre imprese sociali no profit selezioneranno per i mercati locali il materiale preselezionato in Italia.

Tutto ciò massimizzerà gli obiettivi del progetto Dona Valore: la salvaguardia del creato, la creazione di occupazione per fasce deboli di popolazione e la generazione di risorse economiche per la promozione di progetti di solidarietà.

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