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Verso il 2 giugno. Le Costituenti / 3 – Bianca Bianchi

di Valeria Pilone

Nella storia delle donne che hanno contribuito alla ricostruzione del nostro Paese all’indomani della Liberazione, l’appartenenza a un partito è stata spesso fonte di sofferenze e umiliazioni, soprattutto perché in quanto donne esse, per assurda antonomasia, hanno dovuto guadagnarsi fiducia e stima lavorando il doppio di quanto non facessero i loro colleghi uomini. Alcune di loro hanno subìto una valanga di pregiudizi e giudizi che hanno cercato di oscurare le doti carismatiche e la preparazione per il ruolo politico che avrebbero dovuto ricoprire.

Oltre all’esperienza maggiormente nota di Nilde Iotti, anche la vicenda della madre costituente Bianca Bianchi è esempio emblematico di tutto ciò.

Nata a Vicchio, in provincia di Firenze, da un fabbro fervente socialista, morto quando lei aveva appena sette anni, Bianca diventa insegnante dopo aver frequentato la facoltà di Magistero ed essersi laureata nel 1939 in filosofia e pedagogia con una tesi dal titolo Il problema religioso in Giovanni Gentile.

Il nonno materno aveva avuto nella sua infanzia e adolescenza un ruolo centrale, l’aveva sempre spronata alla discussione, al ragionamento critico e le aveva trasmesso la passione politica per l’antifascismo. Ma, quando la nipote decide di intraprendere la strada dell’attivismo politico, l’avverte da subito: «Tu sei una donna».

Da docente, entra spesso in conflitto con i superiori per i suoi metodi di insegnamento liberi e incentrati su argomenti esclusi nei programmi didattici del regime, come la cultura ebraica, fino ad essere licenziata per poi accettare una cattedra di lingua italiana in Bulgaria.

Rientrata in Italia nel 1942, partecipa alle riunioni del Partito d’Azione, impegnandosi attivamente nella Resistenza con azioni di volantinaggio e trasporto di armi per i partigiani.

Dopo la Liberazione, aderisce al Partito socialista italiano di unità proletaria, nato nel 1943 dalla fusione del Partito socialista con il Movimento di unità proletaria.

Da questo momento la sua vita è protesa all’attivo e responsabile impegno politico, ma è da questo istante che Bianca percorre la tortuosa strada riservata da sempre alle donne che osano intraprendere carriere di prestigio e ricoprire posti di potere.

Il 2 giugno 1946 viene eletta all’Assemblea Costituente: è una delle ventuno donne su 556 membri, ma questo traguardo è raggiunto non senza difficoltà e cattiveria da parte degli uomini del partito.

Durante la campagna elettorale attira da subito molti consensi grazie alle sue indubbie competenze oratorie, al punto da guadagnarsi l’elezione a capolista per la Costituente. Ma questo non va proprio giù agli “anziani” del partito, che adducono a motivo di rimostranza l’eccessiva giovinezza di Bianca rispetto alla loro militanza di vecchia data. Gli viene contrapposto il candidato, futuro illustre protagonista politico, Sandro Pertini, ma Bianca ottiene il doppio delle sue preferenze! A tal proposito, dopo molti anni, Bianca racconterà che addirittura le fu chiesto di firmare una lettera di dimissioni preparata in precedenza, per cedere il posto a un socialista con maggiore anzianità di appartenenza al partito, «come se l’anzianità fosse sinonimo di intelligenza». Un palese caso, dunque, di dimissioni in bianco.

Il 25 giugno 1946 cominciano i lavori della Costituente. Bianca descrive così le sensazioni di quel momento: «Sono molto tesa quando entro per la prima volta nell’aula della Camera. Sento gli sguardi degli uomini su di me. Cerco di osservare gli altri per liberarmi dal senso di disagio. […] Poi, metto insieme il mosaico di parole e di sguardi e: Dio, ce l’hanno con me. Sono io l’accusata. Non vogliono che parli sulle dichiarazioni del Governo. Chi mi ha autorizzato? Ho avuto forse l’incarico dal partito? Non so che ogni intervento in aula deve essere discusso e approvato dagli organi direttivi? […]. Non si può parlare quando si vuole […] La più accanita contro di me è Lina Merlin: ma guarda, penso, una donna contro un’altra donna, dovrebbe sostenermi, aiutarmi. Sono ferita nell’amor proprio e decido di non permette nessun boicottaggio su di me. […] Ingoio saliva amara, la pelle mi brucia addosso come fosse stata frustata, ma resto in silenzio. Non siamo i rappresentanti di coloro che ci hanno dato il voto? Per loro parlerò» (Alle origini della Repubblica. Donne e Costituente, a cura di Marina Addis Saba, Mimma De Leo, Fiorenza Taricone, Presidenza del Consiglio dei ministri, Commissione Nazionale Parità, 1996).

L’attualità di tali parole è disarmante, oltre che tristemente attuale: Bianca sente addosso gli sguardi quasi osceni degli uomini, quegli sguardi che spesso mettono a disagio le donne in un contesto prevalentemente declinato al maschile. Bianca, insieme alle sue colleghe neoelette in politica, subisce anche la narrazione che di lei viene fatta esclusivamente per stereotipi. Il quotidiano Risorgimento liberale del 26 giugno 1946 pubblica un intero articolo con il titolo Come sono vestite le deputate a Montecitorio, soffermandosi sugli outfit delle neoelette, senza accennare a una sola delle competenze e azioni che avevano portato queste donne a meritare di sedersi tra gli scranni del Parlamento.

La rivista satirica Il Cantachiaro – la stessa che pubblicherà disegni implacabili su Togliatti e Iotti – va giù pesante con una vignetta del 2 agosto 1946, in cui sono raffigurate due donne sorridenti e due deputati, di cui uno è l’onorevole Ludovico D’Aragona. Accompagna la vignetta il seguente dialogo: «D’Aragona – Ah! se avessi ancora tutte le mie forze! Le deputatesse – Che ci farebbe, onorevole? D’Aragona – Vi sculaccerei!».

Sul n. 38 del settimanale umoristico Candido del 21 settembre 1946, compare una vignetta sulla bellezza di Bianca Bianchi, intitolata Lieta sorpresa, in cui due uomini osservano quattro donne deputate, tra le quali c’è Bianca Bianchi, indicata con un numero 1 sulla testa e disegnata con tratti estremamente più femminili delle altre tre. I due pronunciano la seguente battuta: «Oh, guarda fra le deputate alla Costituente c’è anche una donna!», corredata dal sotto-commento: «Bianca Bianchi, socialista. Viva il socialismo!».

Il giornalista Jader Jacobelli, conduttore della trasmissione radiofonica Rai Oggi a Montecitorio che seguiva i lavori della Costituente, commenta: «La chiamavano tutti “la Biondissima” come se fosse una vamp e non una delle deputate più preparate che siano passate da Montecitorio».

Nonostante tutto ciò, le doti di Bianca emergono preponderanti. In occasione del suo discorso del 22 luglio 1946 alla Camera, lei stessa ricorda: «La voce di Saragat mi risveglia dal torpore. Scendo dallo scanno come una sonnambula: gli occhi e i mormorii di tutti sono su di me. Salgo in tribuna. Appena si fa silenzio comincio a parlare con calma e saggezza come si addice a un’aula parlamentare, quasi che una sapienza antica guidi il pensiero che non ha più paura. Quando finisco il presidente si alza, viene verso di me, mi stringe la mano e si congratula: l’assemblea si leva in piedi con un applauso prolungato. I miei colleghi di partito mi accolgono sorridenti con gli occhi umidi di triglia morta» (Alle origini della Repubblica. Donne e Costituente, cit.).

Nel 1949 Bianca presenta una serie di proposte di legge sul tema della tutela giuridica dei figli naturali (Disposizioni relative alla obbligatorietà del riconoscimento materno, alla ricerca della paternità e alla unificazione dei servizi assistenziali dei figli illegittimi, proposta annunziata il 7 aprile 1949), al fine di legittimare maggiormente il riconoscimento della paternità, moltiplicando di fatto le eccezioni al divieto di ricerca. Il 4 maggio, invitata dal presidente Gronchi, presenta la proposta con queste parole: «La questione è grave e complessa; ha aspetti morali, giuridici e sociali che si incontrano e si determinano vicendevolmente. […] credo che concorderemo tutti, e senza difficoltà, nel riconoscere l’urgenza di una riforma che dia all’infanzia abbandonata e bisognosa di cure la difesa invocata, non solo contro l’asperità della sorte – in questo caso veramente matrigna – ma anche contro l’irresponsabilità di genitori indegni».

All-focus

Dal discorso di Bianca emerge chiaramente la forma mentis che interroga un problema non partendo dalla soluzione più facile e più drastica, ma andando a cercarne le cause profonde, provando a mettere in campo sensibilità ed empatia nelle scelte della politica. La proposta viene osteggiata in ogni modo e respinta, come del resto tante iniziative delle donne che nella politica di questi anni cominciano a far emergere una visione del mondo non solo patriarcale, ma che contenga anche un’attitudine femminile ai problemi e alla gestione della società italiana, sicuramente arretrata in materia di famiglia, scuola, rapporti uomo/donna, emancipazione femminile.

Uno degli attacchi più duri è quello che le riserva l’allora giornalista Giovanni Spadolini in un articolo su Il Messaggero del 23 maggio 1950, intitolato Gli illegittimi, nel quale Spadolini si chiede se si possa essere «sicuri che la prole sarà allevata meglio da due genitori divisi e implacabilmente ostili fra loro, che non da un ente di pubblica assistenza, da un qualunque brefotrofio».

La questione verrà solo parzialmente risolta con la riforma del diritto di famiglia del 1975 e completata con la recentissima legge n. 219 del 10 dicembre 2012. È la costruzione di un percorso molto lungo: a Bianca Bianchi dobbiamo la percorrenza del primissimo tratto.

Non più rieletta, negli anni Cinquanta Bianca torna a dedicarsi ai temi dell’educazione e dell’insegnamento: fonda a Montesenario, in Toscana, la “Scuola d’Europa”, centro educativo di sperimentazione didattica basata sul metodo del pedagogista Johann Heinrich Pestalozzi, il cui motto era Imparare con la testa, le mani e il cuore.

Dal 1970 al 1975 è eletta consigliera comunale di Firenze nelle liste del Partito socialdemocratico, fondato da Giuseppe Saragat nel 1947. Muore a Firenze il 9 luglio del 2000, lasciandoci tantissimi libri e una grande eredità umana, culturale, sociale.

 

Per approfondimenti

Bianca Bianchi, Figli di nessuno, Milano, Ed. di comunità, 1951

Bianca Bianchi, La storia è memoria, ti racconto la mia vita, Firenze, Giorgi & Gambi, 1998

legislature.camera.it, dove si potranno leggere gli interventi di Bianca per le proposte di legge sui figli illegittimi

eletteedeletti.it

www.enciclopediadelledonne.it/biografie/bianca-bianchi/

https://vitaminevaganti.com/2020/07/25/il-ricordo-di-bianca-bianchi-madre-costituente-tra-stereotipi-di-genere-e-gender-gap/

 

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