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San Carlo-Bertarella: un’operazione urbanistica scellerata che si poteva evitare. È mancata la volontà politica

di Pietro Mezzi

Nella trasformazione della zona Ovest, una  delle operazioni urbanistiche più importanti della storia della città, non solo è mancata la partecipazione dei cittadini (vedi articolo pubblicato la scorsa settimana). È stata totalmente assente la regia pubblica, la guida da parte dell’amministrazione comunale.

L’impressione che si ha leggendo le carte di questa importante vicenda urbanistica è che, in questi anni, dal 2017 a oggi, il pubblico amministratore o fosse perennemente distratto o intento a fare dell’altro.

Troppe le assenze e le omissioni, troppi gli errori e le sottovalutazioni nell’operazione di progettazione dei quattro comparti che danno vita all’ambito di trasformazione San Carlo-Bertarella.

Ma in questa vicenda c’è stato un errore che ha prevalso su tutti gli altri.

La mancanza più grave è consistita nell’aver avallato, senza battere ciglio, l’operazione urbanistica voluta dalla destra con il sindaco Bellomo. Norme e sentenze alla mano, da quelle scelte urbanistiche si doveva tornare indietro e si poteva retrocedere rispetto alle indicazioni contenute nel PGT (Piano di governo del territorio) del 2012 e della sua variante del 2017.

Il sindaco forse non sa o ha fatto finta di non sapere che quanto contenuto nel PGT, nel Documento di Piano in particolare, non produce effetti sul regime giuridico dei suoli. Gli effetti giuridici si producono unicamente nel momento in cui vengono approvati i piani attuativi presentati in Comune dai titolari delle aree. In altri termini, per il cambio di destinazione d’uso di un’area, ad esempio da agricola a produttiva, non è sufficiente che l’indicazione sia contenuta nel PGT, ma occorre che i piani che attuano quelle previsioni (i piani attuativi, appunto) vengano approvati dall’organo competente. Operazione, quest’ultima che, nel caso nostro, non è ancora avvenuta (le istanze dei piani attuativi sono depositate in Comune dalla fine del mese di maggio del 2017).

Dalle indicazioni del PGT si poteva recedere e si doveva tornare indietro.

Come hanno fatto ad esempio alcuni anni fa i comuni di Brescia e di Segrate. Il primo (sindaco PD) ha visto riconosciuta dalla Corte Costituzionale l’autonomia pianificatoria del suo Comune in materia di riduzione del consumo di suolo (sentenza 179 del 2019); il secondo (sempre sindaco PD) ha vinto, prima al Tar e poi al Consiglio di Stato, la battaglia sul PGT (approvato dalla destra) per la trasformazione del cosiddetto Golfo Agricolo, un’enorme area agricola a rischio di colata di cemento.

Due esempi che dimostrano che tornare indietro rispetto alle scelte urbanistiche che non si condividono è possibile.

Certo, a Brescia e a Segrate è stato possibile perché quelle amministrazioni comunali esprimevano un’idea di politica urbanistica differente da quelle precedenti di destra. Ma è stato anche possibile perché hanno dimostrato coraggio, conoscenza delle norme, competenza e voglia di battersi a difesa del suolo.

A Melegnano, con questa amministrazione comunale a guida PD, tutto questo è mancato. È mancata la volontà politica. È mancato il coraggio. È mancata la competenza tecnica. Non si è capito che per difendere il suolo e l’ambiente servono anche buoni urbanisti e buoni avvocati, per vincere anche le inevitabili battaglie legali.

Questa amministrazione non ha saputo fare nulla di tutto ciò. Non ha saputo, o meglio non ha voluto, distinguersi dalla destra. Ha prevalso la continuità.

p.s.: degli altri errori urbanistici parleremo in un prossimo articolo.

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